C'è ancora spazio per la crescita? (Gruppo Saronno)

Premessa

Sebbene ai più non siano conosciuti gli aspetti quali-quantitativi specifici del modello di consumo vigente (prelievo di risorse dall'ambiente oltre la sua capacità riproduttiva; eccessivo carico ambientale del ciclo di trasformazione proteico vegetale/animale; scarsa disponibilità energetica fossile, ecc.) pochi ormai sostengono che questo modello di sviluppo non sia in crisi, non comporti gravi conseguenze non solo per le prossime generazioni ma già ora su di noi.

Il rapporto Vulnerabilità / Rischio (fattore espositivo - condizione collettiva) che determina la lettura del modello attuale di crescita, nelle sue connotazioni di disparità sociale sia su scala locale che mondiale, è ancora poco visitato dalla politica.

I problemi giungono sopratutto quando si devono ripartire i costi delle scelte di riduzione dei rischi per contenere e prevenire le conseguenze più devastanti per l'ambiente, per l'economia e per lo sviluppo dell'attività umana. La politica mondiale fallisce (vedi recente summit sul clima) e anche per noi un diverso stile di vita fa i conti con la spesa sostenibile delle nostre famiglie; ad esempio un viaggio a Roma, per una famiglia di quattro persone, in treno ci costa molto di più rispetto all'utilizzo dell'automobile), conseguenza di una scelta politica: un governo potrebbe infatti scegliere di investire risorse per sovvenzionare i viaggi in treno anziché l’acquisto di automobili o di altri beni.

Queste brevi e semplicistiche considerazioni denotano una evidente oscillazione tra ciò che si deve (dobbiamo) fare e quanto sappiamo, possiamo cambiare; è utile un approccio a questi problemi collocato su politiche intersettoriali che accompagnino la transizione nell'uso delle fonti energetiche, nella modificazione degli assetti e dei comparti produttivi, nei contenimento dei consumi, ecc.

 

1) Quali sono gli elementi di crisi, sul piano delle risorse, della contaminazione ambientale, delle disparità sociali, che mettono in crisi la crescita?

La crescita economica, dalla rivoluzione industriale ad oggi, è stata resa possibile dal combinato energia/tecnologia.

Gli elementi che mettono in crisi la crescita sono principalmente due:

  • esaurimento tendenziale delle fonti energetiche non rinnovabili, ovvero costo sempre crescente per il loro approvvigionamento
  • danni ambientali provocati dall’uso massiccio di combustibili fossili e loro conseguenze negative sulla disponibilità di risorse primarie quali suolo, acqua potabile, cibo.

Si potrebbe aggiungere una lunga lista di effetti collaterali negativi della crescita che però, non sono decisivi quanto i primi due.

In particolare, la questione delle disparità sociali è grave, ma non tale di per sé da impedire la crescita. Uno stato autoritario può infatti riuscire a conciliare crescita economica e disparità sociali molto forti (vedi esempio Cina).

In Europa la crescita economica è certamente ostacolata dall’aumento dei “nuovi poveri”, i quali non hanno evidentemente le risorse per consumare abbastanza. Una più equa distribuzione del reddito sarebbe funzionale ad una ripresa dei consumi e quindi del ciclo economico. Ma a livello mondiale la crescita economica continua a ritmi impetuosi (Cina, India, Brasile ecc.) nonostante le enormi disparità sociali e di reddito presenti in quei paesi.

Nel ragionare sulla crescita, bisogna evitare l’errore di considerarla solo come un processo che ci permette, ci induce, oppure ci obbliga (a seconda dei punti di vista) a produrre e consumare una quantità crescente di oggetti inutili o dannosi. La crescita è certamente anche questo, ma non è solo questo. La crescita è anche quel processo che ha determinato:

  • il miglioramento delle condizioni igienico/sanitarie,
  • l’aumento della vita media,
  • l’abbattimento della mortalità infantile,
  • l’innalzamento del livello medio di istruzione,
  • la riduzione progressiva degli orari di lavoro (prima nei campi e poi nelle manifatture) e corrispondente aumento del tempo libero da dedicare alla socialità, alla cultura ecc.
  • un accumulo di risorse tali da consentire l costruzione di un sistema di welfare,

Insomma, i benefici della crescita sono tanti e tali che nessuno si pensa, sia disposto a rinunciarvi.

Il punto è che la crescita, senza “correzioni di rotta”, prima o poi si fermerà, e sarà una fermata brusca. La sfida è quindi quella di correggere la rotta in modo da poter continuare lo sviluppo (non la mera crescita) senza rinunciare ai benefici sopra elencati, ma anzi incrementandoli ed allargandoli ad una platea più vasta di quella che oggi ne gode.

In quest’ottica la vecchia definizione di sviluppo sostenibile dato dalla Commissione Burtland come “quello sviluppo che permette alle generazioni presenti di soddisfare i propri bisogni garantendo al contempo alle generazioni future la possibilità di soddisfare i propri”, è ancora valida e attuale.

In particolare si evidenza il fine per cui l’uomo rincorre questo modello economico: quello di trarre il maggior profitto finanziario da ogni attività che esso intraprende. Questo fine oscura tutti i mezzi e le modalità con cui lo vuole raggiungere. Il porre la ricchezza in termini di denaro, come il bene supremo a cui la maggior parte degli uomini tendono, porta al completo disinteresse verso il prezzo che il pianeta e gli altri simili stanno pagando. Sappiamo che questa rincorsa interessa una piccola percentuale persone, ma questa minoranza ha il potere di condizionare l’intera popolazione mondiale.

E’ chiaro, che ci sono differenze fondamentali tra la big corporation e il singolo imprenditore, tra i grandi speculatori e i piccoli risparmiatori che pure investono in borsa. L’iniziativa economica individuale e il desiderio legittimo di affermazione di sé ad essa connessa, sono un fattore prezioso e insostituibile di progresso. Il problema quindi non il mercato in sé, ma il mercato senza regole, il “laissez faire” che, lungi dal condurre all’equilibrio, provoca invece una serie di disastri, a partire da quelli ambientali, ma non solo quelli evidentemente. I disastri ambientali sono sì la conseguenza della ricerca esasperata del profitto, ma anche delle abitudini consolidate di miliardi di persone. Pensiamo allo spreco di acqua, di cibo, di energia che ognuno di noi compie più o meno consapevolmente ogni giorno. Qui non si tratta di ricerca del profitto, ma piuttosto di perdita del senso di appartenenza ad una comunità, e del senso dei doveri (ma anche dei benefici) connessi a questa appartenenza. E’ la perdita della prospettiva temporale, per cui siamo capaci di pensarci solo qui e oggi, e non nel domani. Allargando il discorso, si potrebbe parlare della spinta all’affermazione dell’io a scapito di qualsiasi considerazione che riguardi gli altri ecc., ma mi fermo qui.

 

 

2) Le fonti rinnovabili potranno fornirci la stessa energia che ci hanno fornito i combustibili fossili? L'efficienza potrà bastare a sopperire la riduzione energetica e la scarsità di risorse prossime venture? Anche se avessimo energia in abbondanza gli altri aspetti (risorse e rifiuti) consentono l'espansione ad oltranza di produzione e consumi?

Le fonti rinnovabili nel breve termine non possono sostituire completamente l’energia fornita dai carboni fossili, ma nel lungo periodo possono sensibilmente diminuirla in modo che le emissioni di CO2 si riducano a livelli tali da non incidere sul clima della terra.

In questa fase è indispensabile un’integrazione tra le fonti di energia fossile e quelle rinnovabili, cercando di dare la massima priorità di sviluppo a queste ultime.

Lo sviluppo delle fonti rinnovabili richiede enormi investimenti in ricerca. Senza investimenti adeguati le rinnovabili non saranno mai in grado di fornire energia sufficiente.

Investire significa stimolare la nascita e la crescita di sistemi industriali complessi. Le pale eoliche, i pannelli fotovoltaici, e tutto ciò che serve a sfruttare le energie rinnovabili, devono essere prodotti dalle industrie, ossia da filiere complesse di progettazione, produzione e movimentazione di componenti più o meno sofisticati.

Lo stesso risparmio energetico, se non vuole ridursi a spegnere i leds prima di andare a dormire, oppure a ritornare a stili di vita pre-rivoluzione industriale, richiede lo sviluppo di industrie finalizzate alla produzione di materiali speciali per l’edilizia, di infissi isolanti, di lampadine ed elettrodomestici a basso consumo, di automobili “no oil” ecc.

Anche l’auspicabile rivoluzione del campo dei trasporti “meno gomma più rotaia”, se non vuole ridursi ad azzerare la mobilità delle persone, richiede investimenti massicci in attività produttive che realizzano prodotti e infrastrutture finalizzate a tale obiettivo.

Le fonti non rinnovabili presto o tardi si esauriranno comunque. Nel medio periodo l’efficienza potrà (forse) consentire all’umanità di guadagnare il tempo necessario a sviluppare le rinnovabili ad un livello tale da poter sostituire in misura sufficiente le non rinnovabili.

L’eliminazione progressiva dei combustibili fossili a favore delle rinnovabili contribuirà certamente a ridurre il problema dei rifiuti nocivi. Lo sviluppo dei sistemi di raccolta e riciclo dei rifiuti potrà dare una risposta (parziale) al prevedibile esaurimento delle altre risorse (minerali in primo luogo).

 

 

3) Quale politica di utilizzo dei combustibili fossili residui in un ottica di transizione energetica e di riduzione della CO2?

Le politiche possono essere di vario genere. Le azioni che si vorranno intraprendere dovranno andare sempre nella direzione di diminuire i consumi derivanti da energie fossili a favore delle energie rinnovabili. Questo dovrà avvenire a tutti i livelli, mondiale, nazionale, locale. E’ chiaro che da semplici cittadini potremo iniziare questa scala partendo dal “locale” dove possiamo agire direttamente.

Le iniziative concrete sono molteplici. Scontata l'insostenibilità di produrre merci poco utili che richiedono grandi consumi eco-ambientali, è indispensabile procedere su alcune scelte di fondo quali per esempio:

  • lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e delle tecnologie più efficienti collegate; mettere in sicurezza ambientale tutto il patrimonio abitativo con il divieto di consumare altro territorio
  • idem per le industrie le scuole ecc.;
  • trasmigrare da un sistema di mobilità individuale a quella collettivo in tempi veloci;
  • scegliere infrastrutture ad alta tecnologia e basso impatto ambientale;
  • concentrare ricerca ed innovazione su precise determinanti eco-compatibili e di misurazione dello sviluppo diversamente dal PIL assegnando al pubblico questo compito.

Le fonti fossili in esaurimento possono accompagnare questi cambiamenti strategici che per essere più efficaci si devono attuare su scala mondiale (evitando come avviene ora di esportare tecnologie obsolete nei paesi in via di sviluppo, o peggio rifiuti, ma al contrario pagare il nostro debito con il sud del modo destinando le migliori conoscenze e tecnologie per accompagnarlo con uno sviluppo compatibile).

 

 

4) Quali settori produttivi privilegiare, ridimensionare, trasformare, in un'ottica di sostenibilità?

E’ importante individuare i settori necessari a fronteggiare i costi di un modello sbagliato, pensando a noi e alle prossime generazioni.

In particolare serve riequilibrare la gestione di alcuni settori tra pubblico e privato. Alcuni beni devono restare a gestione pubblica, (o per lo meno che il pubblico stabilisca gli indirizzi, gli obiettivi, le regole, e che faccia rispettare) in quanto la gestione private porta con se inevitabili rischi di speculazioni.

I settori da privilegiare , al di la del loro tipo di gestione pubblica o privata, sono molteplici, elencandone alcuni:

  • agricoltura e allevamento biologico e locale
  • ricerca ed assistenza sanitaria:
  • educazione e istruzione
  • trasporti
  • comunicazioni, cultura.
  • produzione di energia da fonte rinnovabile , bioedilizia

Proviamo ad approfondire il settore sanitario. Pensando alla attuazione della Carta dei Diritti dell'Uomo (di cui abbiamo appena celebrato il sessantesimo della sua approvazione) il diritto soggettivo di poter ricevere la migliore prestazione deve valere per ogni uomo e non potrà che ampliare l'offerta quanti e qualitativa delle prestazioni sanitarie erogate nel mondo. Per altro l'ambito della salute ci indica un approccio alla definizione dei bisogni essenziali non statico ma dinamico. I livelli essenziali delle prestazioni sanitarie da garantire quale diritto soggettivo si modifica con l'emergere di nuovi bisogni e nuove scoperte in questo campo. Ciò ci fa capire che riferendoci ad un nuovo modello di sviluppo gli equilibri del sistema vanno pensati dinamicamente con l'esigenza primaria di progresso insita nel destino dell'umanità.

 

 

5) Quali ambiti di consumo dovranno subire i ridimensionamenti e le trasformazioni più marcate in un'ottica di sostenibilità?

Nel mercato vi è la necessità di introdurre regole (così come avviene in altri ambiti per esempio nei comportamenti sociali) che non soffochino la libera iniziativa imprenditoriale. Oltre alle regole (che comprendono i divieti) si devono precisare e privilegiare alcune forme di economia su altre. Economie sociali - mutualistiche - solidali , non sono la stessa cosa di economie profit. I modelli economici hanno precisi riferimenti a modelli antropologici (e viceversa) e determinano altrettanti modelli di rapporti di produzione. Vi sono poi altrettanti parametri che possono orientare la libera iniziativa economica oltre i rapporti produttivi: per esempio il rispetto dell'ambiente (di cui non necessariamente si preoccupa l'economia solidale), di genere, ecc.;

La libera iniziativa imprenditoriale non deve tendere a prodotti che per il loro genere o per le loro fasi di produzione siano pericolosi o dannosi per la salute. I pubblici poteri possono e devono orientare i consumi e gli investimenti, attraverso alcune misure specifiche come ad esempio:

- misure fiscali (IVA differenziata per i diversi prodotti, incentivi e agevolazioni mirate invece che “a pioggia” ecc.),

- stabilendo criteri rigidi riguardo ai consumi degli apparecchi elettrici, delle automobili, degli impianti di riscaldamento ecc.

- introducendo dei criteri riguardanti il rapporto ammissibile tra il peso e il volume del prodotto e quello del packaging,

I pubblici poteri devono inoltre:

- investire risorse pubbliche nella ricerca in determinati settori e a scapito di altri (ad esempio nella ricerca sulle fonti rinnovabili invece che sul nucleare),

- realizzare determinate infrastrutture piuttosto che altre (ad es. investire nelle ferrovie, per trasportare più persone e più merci, invece che costruire nuove strade).

Il ruolo dello stato nell'economia, ruolo che certamente non può mancare negli indirizzi di programmazione orientamento e controllo, così come avviene per esempio nelle politiche di welfare, non è sufficiente per "determinare la rotta". Accanto alle tre funzioni di cui sopra, la gestione pubblica (quella buona perché anch'essa soggetta a rigorose regole) di settori importanti dell'economia e della produzione, che porta il soggetto pubblico ad operare nel mercato, incide efficacemente nell'orientare crescita e sviluppo per gli effetti diretti sui beni, sui prezzi, sui diritti dei lavoratori e dei consumatori. Per esempio in settori strategici (energetici, sanitari, di mobilità, ecc) o nei beni primari (acqua) può determinare la rotta dello sviluppo.

 

 

6) Quali sfide sociali si aprono in uno scenario economico non più basato sulla crescita di produzione e consumi?

Questo è il punto fondamentale.

Come già citato nella risposta alla prima domanda il ridisegno dell’economia parte da nuovi valori e relazioni sociali.

L’economia fa parte della vita dell’uomo e gli uomini devono tornare a governarla e non a farsi governare dall’economia.

Una nuova educazione ai valori fondamentali di rispetto dell’uomo e della natura deve iniziare da subito, partendo dall’ambito famigliare, scolastico e sociale.

I primi a ritrovare questi valori è la generazione degli “adulti” che in questi decenni ha perso le basi di convivenza e di rispetto dell’altro. Naturalmente una volta che l’”adulto” recupera questo equilibrio, la trasmissione alle generazioni future è un passaggio quasi certo.

Questa sfida è molto complessa e difficile. Deve passare anche attraverso gli attuali mezzi di comunicazione che attualmente sono governati da poche persone che condizionano tutti gli altri.

L’impegno capillare a partire dal “basso” è fondamentale, ma in questa fase storica non è sufficiente a comunicare con alle “masse” il cambiamento che ci auguriamo.

E’ altresì necessario porre accanto all’azione di trasformazione soggettiva, altrettanta attenzione nella costruzione di alleanze con i grandi soggetti (politici) per indurre cambiamenti strutturali nelle istituzioni mondiali, internazionali, nazionali e locali.