C'è ancora spazio per la crescita? (Gruppo Forlì)

1) Quali sono gli elementi di crisi, sul piano delle risorse, della contaminazione ambientale, delle disparità sociali, che mettono in crisi la crescita?

Le risorse non sono infinite, hanno un limite. Possiamo discutere su dove esso possa o debba essere posto, ma non possiamo negare o dimenticare che questo limite c'è. Crediamo sia questo il principale elemento di crisi, sul piano delle risorse, al perseguimento della crescita continua e alla sua individuazione come soluzione di tutti i problemi.

I rapporti di Aie (Agenzia internazionale per l'energia), Aspo (Associazione per gli studi sul picco del petrolio), Usgs (Servizio geologico degli USA), Undp (Programma delle nazioni unite per lo sviluppo), il Living planet report del Wwf e l'Energy revolution di Greenpeace, ci mostrano un pianeta che deve fare i conti con l'esaurimento delle proprie risorse.

Questo vale soprattutto per il petrolio, dove il momento di massima produttività dei giacimenti già esistenti è stato raggiunto, ma non solo. In una situazione analoga di riduzione della capacità dei giacimenti e delle riserve si trovano il carbone, l'uranio, il mercurio, il litio, il rame e tanti altri minerali fondamentali per il nostro attuale sistema produttivo. L'acqua stessa è una risorsa che si trova in una situazione di crisi.

Oltre allo stato di queste risorse, vanno valutati altri due aspetti. Il primo sono i costi, in termini non solo economici ma anche ambientali, che comporta il reperire queste risorse. Costi che aumenteranno man mano che le risorse diminuiranno, in quanto l'approvvigionamento diventerà sempre più difficile e complicato. Il secondo aspetto da valutare è la capacità di stoccaggio di queste risorse, sempre in termini sia economici sia ambientali, e il loro utilizzo quando è più necessario.

 

Anche sul piano della contaminazione ambientale è sempre l'assenza del senso del limite a giocare un ruolo fondamentale. La capacità dell'ambiente di perpetuarsi, di mantenere la sua biodiversità e di assorbire la quantità di rifiuti e d'inquinamento che produciamo non è illimitata.

L'inquinamento dell'aria e dell'acqua, i cambiamenti climatici, il consumo del territorio e la sua cementificazione continua, il sovrasfruttamento di molte specie animali sono fenomeni che vengono, in qualche modo tollerati, da chi vede nella crescita l'unico obiettivo da raggiungere. Pensare che l'ambiente nel quale viviamo e del quale siamo parte possa tollerare tutto questo all'infinito o credere che non ci siano effetti sulla salute e sulla qualità della vita appare miope e insensato.

 

Il mito della costante ricerca della crescita è ormai da più di un secolo, anche se in varie forme, un punto fermo nella politiche dei governanti dei paesi occidentali. Esso ha avuto un notevole effetto anche sull'aumento delle disparità sociali, soprattutto negli ultimi 30 anni. La possibilità d'utilizzo delle risorse, la ricchezza, la produzione di rifiuti e di inquinamento sono fattori distribuiti in modo sempre più diseguale sul pianeta. Anche perchè molto molto spesso la crescita di “una parte” si realizzava grazie allo sfruttamento di “un'altra parte”, in termini di utilizzo di materie prime e di forza lavoro entrambe a basso costo. Sull'altare della crescita, a fianco del miglioramento per alcuni, si è sacrificato il territorio, la salute, il diritto al lavoro e ad una vita dignitosa per altri.

L'aumento delle disuguaglianze risulta evidente soprattutto a livello internazionale, fra un Nord del mondo ricco e un Sud del mondo povero. Ma anche all'interno della stessa nazione sono riscontrabili fenomeni di aumento della divaricazione sociale e il formarsi di sacche crescenti di povertà. In Italia, ad esempio, le disuguaglianze economica fra le classi sociali è aumentata del 33% dalla metà degli anni '80 a oggi - (Rapporto OCSE “Growing unequal?”).

 

 

2) Le fonti rinnovabili potranno fornirci la stessa energia che ci hanno fornito i combustibili fossili? L'efficienza potrà bastare a sopperire la riduzione energetica e la scarsità di risorse prossime venture? Anche se avessimo energia in abbondanza gli altri aspetti (risorse e rifiuti) consentono l'espansione ad oltranza di produzione e consumi?

Al momento attuale crediamo di no. Il sistema economico-produttivo è incentrato sui combustibili fossili e sul loro sfruttamento a basso costo. Petrolio, carbone e gas naturale contribuiscono a più dell'80% del fabbisogno energetico mondiale, cioè a più di 115 milioni di GWh (IEA, APAT). Le fonti rinnovabili, allo stato attuale delle cose, non garantirebbero di coprire un simile fabbisogno energetico.

Tuttavia, la quantità di energia prodotta attraverso le fonti rinnovabili è potenzialmente elevatissima, ma potrà essere utilizzata solo a prezzo di cambiamenti radicali. Inoltre, per raggiungere certi livelli di produzione energetica si presenterebbero non pochi problemi. Non possiamo coprire tutta la superficie terrestre di pannelli o tutte le vette con impianti eolici d'alta quota. Non possiamo riempirci di biodigestori e altre centrali alimentate a biomasse. Un simile estremismo produttivista, in ambito energetico, porterebbe ad un consumo del territorio e alla distruzione della biodiversità. Esempi di simili comportamenti sono l'abbandono delle coltivazioni su fertili suoli agricoli e la loro trasformazione in vere e proprie centrali di pannelli fotovoltaici, oppure la creazione di enormi biodigestori in zone dove non si hanno in loco sufficiente materiale per essere alimentate. In entrambi i casi si tratta di pure e semplici speculazioni economiche, spesso coperte dal termine “green economy” per dargli un'immagine più gradevole. Non bisogna, poi, dimenticare che anche gli impianti che producono energia da fonti rinnovabili necessitano di manutenzione e devono essere, anche se solo in parte, smaltiti.

L'efficienza energetica è sicuramente auspicabile e va incentivata. Ma, posto che essa si ottiene attraverso la ricerca e grazie ad indirizzi di politica economica che la sostengano, anche in questo caso è opportuno che avvengano scelte informate e condivise verso quale direzione prediligere. Dobbiamo poter decidere se investire nella ricerca su celle fotovoltaiche in grado di generare più energia o su nuovi reattori nucleari. Solo sulla microgenerazione o solo sui grandi impianti. O su un mix di entrambi. Pensare anche, o forse soprattutto, ai problemi d'immagazzinamento e stoccaggio dell'energia prodotta da fonti rinnovabili. Insomma, anche la ricerca dell'efficienza energetica non è un processo esente da scelte d'indirizzo.

Pensare, poi, che questa possa essere l'unica risposta alla riduzione energetica e alla scarsità di risorse appare alquanto miope e soprattutto azzardato. Non possiamo continuare così pensando che tanto “l'efficienza” ci salverà.. Essa va perseguita, certo, ma non può permetterci di prescindere dalla necessità di avere un sistema produttivo e degli stili di vita adeguati e sostenibili. Ciò è vero e dev'essere rispettato sia dai paesi opulenti, ai quali spetta ridurre i consumi energetici, sia per i paesi più poveri che necessitano un miglioramento delle condizioni di vita, miglioramento che passa anche attraverso un maggior utilizzo di risorse.

L'espansione ad oltranza di produzione e consumi, infine, appare una scelta insostenibile sotto tutti i punti di vista. Per i limiti di finitezza delle risorse e del pianeta, perchè non possiamo garantirli equamente a tutti e anche perchè lo smaltimento di un quantitativo potenzialmente illimitato di rifiuti, in particolare per come sono pensati e utilizzati la maggior parte dei prodotti oggi in commercio in questi paesi, provocherebbe gravi problemi ambientali e alla salute.

Ancora un volta appare evidente come non si possa fare affidamento su cose giuste sempre e in ogni caso. Se un aumento nell'utilizzo delle fonti energetiche è auspicabile e necessario, questo comunque non può essere svincolato dai limiti posti da un determinato ambiente e da un determinato territorio o, peggio ancora, come paravento per operazioni meramente speculative. Questo è vero per tutte le posizioni che assumiamo e per tutte le decisioni che prendiamo. Tenere presente i limiti di ogni soluzione e gli effetti che le nostre azioni hanno, nella loro totalità, su tutto il nostro ecosistema sono principi che dovremmo sempre tenere a mente e che dovrebbero determinare le nostre scelte, individuali e collettive.

 

 

3) Quale politica di utilizzo dei combustibili fossili residui in un ottica di transizione energetica e di riduzione della CO2?

L'utilizzo dei combustibili fossili residui crediamo debba avvenire per la fornitura dei servizi ritenuti indispensabili per l'uomo (come, ad esempio, il riscaldamento, i servizi sanitari, i servizi di conservazione del cibo, il trasporto) e, soprattutto, per favorire il passaggio all'utilizzo sempre più diffuso delle fonti rinnovabili. Oltre a ciò, essi dovrebbero costituire un'importante riserva per compensare la discontinuità delle principali fonti rinnovabili (solare ed eolico) e le difficoltà di stoccaggio e immagazzinamento dell'energia.

Ovviamente un tale utilizzo deve avvenire all'interno di un'ottica improntata alla riduzione dei consumi e ad una loro più equa redistribuzione a livello mondiale, cercando di ottenere la miglior efficienza e il minor impatto ambientale possibili. Ad esempio è importante favorire la riqualificazione energetica degli edifici, il trasporto pubblico, quello condiviso (car sharing e car pooling) e l'utilizzo della bici, la microgenerazione per uso domestico, l'ammodernamento della rete di distribuzione dell'energia, eliminare il più possibile imballaggi e filiere lunghe.

E' auspicabile prevedere, inoltre, forme di incentivi che indirizzino i comportamenti individuali e le scelte collettive verso queste direzioni.

Non dimenticando mai, nelle nostre scelte, di ricercare la miglior soluzione possibile fra i bisogni fondamentali per l'uomo e la sostenibilità per il pianeta e l'ambiente in cui viviamo. Un esempio della difficoltà di questa continua ricerca lo si può vedere proprio nel settore del trasporto, che da un lato dovrebbe essere un diritto per ogni uomo, ma dall'altro non dobbiamo dimenticarci che auto ed aerei sono mezzi inquinanti, che aumentano la quantità di CO2 presenti nell'aria.

 

 

4) Quali settori produttivi privilegiare, ridimensionare, trasformare, in un'ottica di sostenibilità?

 E' il sistema produttivo nel suo complesso a dover essere ripensato, affinchè esso possa divenire realmente sostenibile. Un ripensamento che dovrebbe prendere origine da alcuni principi, quali

  • l'incentivazione del riciclo e del riutilizzo, da un lato, e la contemporanea cancellazione della logica dell'usa e getta, dall'altro

  • l'eliminazione delle pratiche che comportano lo sfruttamento delle persone, delle risorse e dell'ambiente ai fini produttivi

  • l'adeguamento ai rispettivi tempi di rinnovabilità nell'utilizzo delle varie fonti energetiche

  • la gestione pubblica, condivisa e partecipata di beni e servizi essenziali come l'acqua, il cibo, l'assistenza sanitaria, l'educazione, il vestiario di base, l'accesso alle comunicazioni e all'informazione

  • riduzione, quanto più possibile, della distanza fra produzione e consumo di beni e servizi

  • incentivazione, quanto più possibile, dell'utilizzo collettivo e condiviso di beni e servizi

  • incentivazione delle pratiche di autoproduzione e di scambi non monetari

Nello specifico, i settori da privilegiare sono quelli dell'agricoltura biologica e a Km 0, delle fonti energetiche rinnovabili, della bioedilizia, della manutenzione e ristrutturazione di edifici e impianti, della ricerca, della formazione e della cultura. Nonché tutti i settori in cui rientrino attività collegate al riciclo e al riutilizzo di beni e materiali. Così come tutte quelle attività che favoriscono l'accesso ai sistemi di comunicazione e d'informazione (senza danneggiare la salute e l'ambiente).

Ridimensionati, anzi ridotti il più possibile, devono essere l'allevamento intensivo, la monocultura, la produzione di armi, l'incenerimento dei rifiuti, la produzione di imballaggi e tutti quei fenomeni legati alla creazione di bisogni indotti quali la moda e la pubblicità.

Trasformazioni importanti occorrono sicuramente nel sistema dei trasporti, dove va disincentivato l'utilizzo dell'auto, mentre vanno favoriti il trasporto pubblico, le forme di trasporto condiviso come il car-sharing e il car-pooling e l'utilizzo della bici.

Nel ramo editoriale dovrebbero essere realizzati prodotti solo su carta riciclata.

Anche il settore della produzione di elettrodomestici dovrebbe essere modificato, puntando su prodotti che consentano il maggior risparmio energetico e il minor impatto ambientale possibile lungo tutta la vita del prodotto, dalla progettazione allo smaltimento-recupero delle singole parti.

 

 

5) Quali ambiti di consumo dovranno subire i ridimensionamenti e le trasformazioni più marcate in un'ottica di sostenibilità?

Così come il sistema produttivo va ripensato nel suo complesso, anche il sistema dei consumi dovrà subire una parallela e globale ridefinizione.

Andrebbero sicuramente ridimensionati in maniera considerevole tutti i consumi dettati da bisogni non reali ma indotti, come quelli legati alla moda e alla pubblicità. Allo stesso modo andrebbero ridimensionati quelli legati alla precoce obsolescenza dei prodotti e alla ricerca di status symbol. Questo risulta particolarmente vero nei settori dell'abbigliamento, della telefonia e della tecnologia in genere.

Dovrebbero essere ridotti al minimo i consumi di beni che utilizzano una grande quantità energia, acqua e territorio per essere prodotti, dovrebbero avere, poi, un prezzo equo e proporzionato al costo e all'impatto che la loro produzione determina. La carne è un chiaro esempio di prodotto venduto sottocosto.

Lo stesso utilizzo dell'auto e il conseguente consumo di carburanti dovrebbe vedere un'enormeme riduzione.

Andrebbero anche evitati i consumi di prodotti, non indispensabili, che utilizzano materie prime in via d'esaurimento.

Sarebbe opportuno incentivare i prodotti locali e di stagione nell'ambito dei consumi alimentari, la diffusione di prodotti alla spina e tutte le forme di autoproduzione (pane, ortaggi, marmellate, formaggi, ecc.)

Anche il nostro consumo energetico dovrebbe subire delle modifiche, cercando di adottare pratiche che determinino un risparmio energetico, affidandoci a gestori che distribuiscono energia pulita e cercando di produrre noi stessi energia rinnovabile e a basso impatto ambientale.

Si dovrebbero incentivare tutte le forme di consumo non individualistico e al di fuori dell'economia di mercato, come i G.A.S., le economie mutualistiche, di vicinato e del dono.

Infine andrebbe tenuto sempre presente, quando scegliamo se e cosa consumare, che quasi sempre ciò che consumiamo diventa, anche se in parti variabili, un rifiuto. Dovremmo dunque privilegiare quei beni e servizi che producono la minor quantità di rifiuto, che possono essere riciclati e riutilizzati il più facilmente possibile e che, per la restante parte, possano essere smaltiti con il minor impatto ambientale.

 

 

6) Quali sfide sociali si aprono in uno scenario economico non più basato sulla crescita di produzione e consumi?

Le sfide che ci si porranno davanti in uno scenario non più dominato dal culto della crescita di produzione e consumi saranno molteplici. Il settore produttivo industriale dovrà essere completamente ridefinito. Dovranno essere riviste le produzioni che utilizzano materie prime in via d'esaurimento, quelle che comportano un elevato impatto ambientale ed uno smisurato consumo energetico. Dovranno essere contrastate tutte le produzioni “sottocosto”. Non da ultimo, dovranno essere incentivati gli spostamenti di occupati e di risorse dai settori meno produttivi e più dannosi per l'ambiente a quelli in grado di garantire una migliore qualità della vita e più sostenibili dal punto di vista ambientale. L'occupazione e/o un reddito minimo di cittadinanza dovranno essere garantiti.

Gli stili di vita individuali dovranno venire rivisti. Non più improntati al consumo monetario per l'acquisto di beni e srvizi e alla logica dell'usa-e-getta, ma al riutilizzo, all'autoproduzione, alla condivisione e alla sobrietà. Questi cambiamenti tuttavia non potranno avvenire per imposizione, dovranno essere scelti, sostenuti e portati avanti, a livello teorico e pratico, dalle singole persone e dai gruppi. Fino a formare una massa-critica in grado di orientare le scelte di un numero sempre maggiore di persone e di coloro che sono deputati a rappresentarci nelle sedi istituzionali. Un ruolo importante, per permettere questo, lo ricoprirà un'informazione libera e trasparente, garanzia indispensabile per avere cittadini informati e partecipi. La sfida che ci approntiamo a sostenere, in fin dei conti, è quella di un vero e proprio cambiamento culturale. Un cambiamento che ci aiuti a capire che non tutto può essere monetizzato e comprato o venduto sul mercato, che crescita non è automaticamente sinonimo di benessere, che l'uomo non è un'entità a sé, ma una parte dell'ambiente e della comunità in cui vive e che le persone, infine, possono e devono impegnarsi per cambiare le cose che non ritengono giuste.

Altre sfide importanti si presenteranno in ambito medico-sanitario e nel welfare. L'assistenza sanitaria dovrà essere garantita a tutti, così come una forma di pensione o di reddito anche in caso di malattia o inabilità al lavoro.

Anche in questo caso, come negli altri, il ruolo della fiscalità, della distribuzione del reddito e della lotta all'evasione sarà di primaria importanza . Nel passaggio ad una economia non più basata sul costante aumento dei consumi, il contrarsi di questi ultimi porterebbe ad un'inevitabile diminuzione delle entrate fiscali. Questo potrebbe far sì che molti servizi pubblici potrebbero diventare difficili da fornire. Oltre alla lotta all'evasione fiscale, una soluzione potrebbe essere l'aumento delle ore dedicate ad attività socialmente utili e al benessere collettività da parte dei cittadini, magari in cambio di sgravi fiscali o del reddito minimo di cittadinanza. Questo permetterebbe di continuare o implementare l'erogazione di servizi che il settore pubblico deve garantire ai propri cittadini. Sempre mantenendo un equilibrio fra diritti e doveri di ogni persona.

L'urbanizzazione e il consumo del territorio non potranno più essere così selvaggi e dovranno essere previste nuove forme abitative e di trasporto, basate il più possibile sul principio della condivisione. Non va infine trascurato che gli oneri d'urbanizzazione rappresentano una grossa entrata per le amministrazioni locali. Il loro venire meno, quindi, sarà un ulteriore elemento che porterà ad una indispensabile revisione nella gestione dei soldi pubblici. Privilegiando i servizi e gli interessi dei cittadini e dell'ambiente sopra ogni altra cosa

L'ultima sfida che ci si pone di fronte è quella della rappresentanza politica. Se le attuali forme , i partiti, siano in grado o meno di essere portatori di simili istanze e di simili cambiamenti. Dovrebbero in ogni caso essere incentivate le formazioni di gruppi e di associazioni d'opinione, d'informazione e di studio il più possibile aperti e allargati.