C'è ancora spazio per la crescita? (Gruppo Prato)

1) Quali sono gli elementi di crisi, sul piano delle risorse, della contaminazione ambientale, delle disparità sociali, che mettono in crisi la crescita?

2) Le fonti rinnovabili potranno fornirci la stessa energia che ci hanno fornito i combustibili fossili? L'efficienza potrà bastare a sopperire la riduzione energetica e la scarsità di risorse prossime venture? Anche se avessimo energia in abbondanza gli altri aspetti (risorse e rifiuti) consentono l'espansione ad oltranza di produzione e consumi?

3) Quale politica di utilizzo dei combustibili fossili residui in un ottica di transizione energetica e di riduzione della CO2?

4) Quali settori produttivi privilegiare, ridimensionare, trasformare, in un'ottica di sostenibilità?

5) Quali ambiti di consumo dovranno subire i ridimensionamenti e le trasformazioni più marcate in un'ottica di sostenibilità?

6) Quali sfide sociali si aprono in uno scenario economico non più basato sulla crescita di produzione e consumi?

 

Può sembrare a prima vista una domanda retorica, a cui dare una risposta scontata e categorica, un puro e semplice NO, ma in realtà la questione è quanto mai complessa e controversa.

Dal lavoro del nostro gruppo è emerso il problema della transizione: il vecchio sistema è in crisi, non ha futuro, ma l’alternativa è ancora lontana e incerta. Sarà possibile una evoluzione graduale (preparata da una educazione illuminata, da una informazione corretta, da una partecipazione responsabile …) oppure dobbiamo temere una rottura traumatica (guerre, catastrofi naturali e umanitarie ..) dell’attuale precario equilibrio?

In questa ottica c’è un’altra questione che non si può eludere: come creare un consenso di base più ampio, come favorire la presa di coscienza nell’opinione pubblica della necessità di invertire la rotta, uscendo da una logica di nicchia?

E’ certo che sono evidenti gli elementi di crisi sul piano delle risorse, della contaminazione ambientale, delle disparità sociali, che mettono in discussione il meccanismo della crescita illimitata: le risorse naturali non sono infinite, l’ambiente è contaminato, forse, fino a un punto di non ritorno, il drammatico squilibrio tra Nord e Sud del mondo tende a divaricarsi sempre più.

D’altra parte la transizione verso un nuovo modello, in teoria più razionale e giusto, può trasformarsi in un evento traumatico se le fonti rinnovabili non potranno fornirci la stessa energia che ci hanno dato i combustibili fossili; una maggiore efficienza in ambito energetico (pur auspicabile e necessaria) probabilmente non basterà a compensare la riduzione delle risorse disponibili, si dovranno eliminare drasticamente gli sprechi ridimensionando gli stili di vita. In effetti è poco sensato, per esempio, installare pannelli fotovoltaici se poi disperdiamo l’energia attraverso un sistema non adeguato di isolamento degli edifici.

E’ evidente che in questa prospettiva l’espansione a oltranza di produzione, consumi, rifiuti suona come una bestemmia, mentre è indispensabile una analisi attenta della impronta ecologica, per diventare consapevoli delle conseguenze ambientali delle nostre scelte, anche quelle della banale quotidianità.

In un’ottica di transizione energetica e di riduzione della CO2 una politica saggia di utilizzo dei combustibili fossili residui dovrebbe privilegiare la produzione di energie rinnovabili, fino alla sostituzione completa delle risorse fossili (da risparmiare semmai per un impiego in settori particolari come il petrolchimico, ove la sostituzione appare, al momento, problematica). Sarebbe auspicabile una trasformazione morbida e graduale delle politiche energetiche, ma considerando la crescita economica e demografica di Cina e India, la volontà di difendere lo stato di benessere acquisito da parte dei paesi dell’Occidente è alquanto improbabile un’auto limitazione dei consumi: sarà da considerare già un successo il riuscire a limitare i conflitti bellici per l’accaparramento delle fonti di energia (soprattutto del petrolio).

In un’ottica di sostenibilità sono da privilegiare i settori produttivi e gli ambiti di consumo a più basso impatto ambientale (agricoltura biologica, costruzione di edifici a bassa dispersione energetica, imballi riciclabili ..) guardando con attenzione alla produzione e al consumo in loco, inducendo le multinazionali a fornire garanzie riguardo alla salvaguardia delle produzioni e dei consumi locali (tipici delle comunità dal punto di vista economico e culturale); sono invece da ridimensionare e trasformare profondamente l’industria automobilistica e la mobilità urbana ed extraurbana in direzione del potenziamento dei mezzi di trasporto collettivi e su rotaia (anche il mangiar carne in eccesso dovrà essere percepito come una forma di alimentazione insostenibile, insieme a tanti altri consumi privati di gran lusso).

Pensando uno scenario economico non più basato sulla crescita illimitata di produzione e consumi, dobbiamo attrezzarci ad affrontare sfide sociali decisive, il cui esito sarà determinante per il consenso di massa a tale prospettiva.

E’ indubbio che a una caduta del PIL farà seguito un minor impiego della manodopera e una disponibilità più scarsa di risorse espresse in denaro spendibile: fondamentale allora saranno gli effetti di una opera educativa all’impegno civico, alla solidarietà, alla sostenibilità. Bello dovrà apparire l’impegno “pubblico” svolto senza passaggio di denaro, lavoro volontario per la collettività, in grado di migliorare la qualità della vita delle persone (beni e servizi non più “fatturabili” ma scambiati o regalati direttamente senza calcoli monetari - una utopia folle?!?).

Assicurando sussidi minimi vitali si potrà gestire il tempo libero a disposizione come una straordinaria opportunità per sviluppare il volontariato nell’assistenza sanitaria, nell’istruzione di base, nel recupero di terreni agricoli abbandonati o degradati …

Il nodo di fondo da affrontare è quello del profitto individuale e dell’arricchimento personale (misurato in denaro): il denaro non come unica misura di riferimento ma il “tempo” come nuova unità di misura. Una società sobria e solidale deve essere in grado di distribuire in modo equo le risorse fondamentali e di tenere sotto controllo la crescita andando verso una economia del limite, caratterizzata da un equilibrio fra risorse naturali, produzione, consumi.

Questa è una utopia “nobile” a cui dobbiamo fornire basi reali affinché possa realizzarsi concretamente

 

L’immigrazione di massa dai paesi sottosviluppati, la deindustrializzazione delle nostre città, la delocalizzazione delle attività produttive alla ricerca di manodopera sempre più a basso costo e priva di diritti e di tutele sindacali, la disoccupazione con le sue drammatiche conseguenze economiche e sociali, sono le conseguenze più evidenti di un modello di sviluppo capitalistico distorto: il dio mercato, dopo la sbornia neoliberista degli ultimi decenni, ha svelato un volto meno accattivante seminando nei paesi industrializzati povertà, sofferenza, emarginazione, facendo sorgere allarme sociale e chiusure xenofobe, allargando la forbice delle disuguaglianze sul piano interno e internazionale.

Tali contraddizioni, pur così gravi e destabilizzanti, non sembrano però preparare la strada a una alternativa; il tracollo del sistema appare lontano e lo sbocciare di prospettive nuove è incerto.

Immigrati e disoccupati, per quanto sia paradossale per chi ha acquisito coscienza dell’ingiustizia dei meccanismi economici che ci stritolano, diventano pedine facilmente manovrabili nelle mani di chi ha interesse a conservare il sistema dominante, per quanto sia ingiusto, sprecone e inefficiente! I poveri del Sud del pianeta o dell’Est europeo abbagliati dal consumismo abbandonano velocemente i valori legati a una cultura povera ma intrisa di solidarietà collettiva e non si presentano assolutamente come portatori di uno stile di vita improntato alla sobrietà.

Quindi, a nostro avviso, non basta una astratta negazione della crescita, la denuncia apocalittica di catastrofi planetarie. Bisogna trovare il modo di aprire un confronto con le logiche dominanti nel mondo dell’economia e della politica, dove il progresso viene presentato come uno sviluppo quantitativo illimitato di beni e servizi, l’economia come una scienza esatta al servizio della crescita materiale. Ci rendiamo conto che non è una cosa per niente facile perché sono logiche che si presentano come un pensiero “unico”, egemone sull’opinione pubblica e sui mass media, i quali la costruiscono e la manipolano.

E’ con la mitizzazione del PIL (*) che dobbiamo misurarci, facendo emergere contraddizioni e proposte alternative praticabili, in grado di andare “oltre”. Il concetto di decrescita si presenta ostico, è una idea “negativa”, la quale può disorientare e inquietare (richiama l’idea di andare indietro): come rendere questa proposta più “amichevole” affinché non sia rigettata a priori, come una prospettiva angosciante di regresso, ma sia percepita come una stimolante alternativa tale da far scattare nell’immaginario individuale e collettivo reazioni positive e soluzioni creative?

Se non ci riusciremo continuerà ad apparire più rassicurante il recente piano di Marchionne che punta a raddoppiare la produzione di auto FIAT!

(*) Due prestigiosi economisti come Giorgio Ruffolo e Stefano Bartolini danno un contributo significativo alla battaglia contro il PIL, o meglio alla revisione critica di un modello di sviluppo che consacra il PIL e la sua crescita illimitata come unico (e indiscutibile) indice di progresso. Ruffolo nel suo saggio "LO SPECCHIO DEL DIAVOLO: la storia dell'economia dal Paradiso terrestre all'inferno della finanza" Einaudi ed., Torino, 2006, definisce il PIL una cometa fuorviante e ne combatte ironicamente l'idolatria rovesciando l'acronimo in LIP -Lordura, Interna, Prodotta- . Bartolini -MANIFESTO PER LA FELICITA': come passare dalla società del ben-avere a quella del ben-essere, Donzelli ed., Roma 2010- punta il dito contro il capitalismo N.E.G. ( Negative Endogenous Growth = sviluppo endogeno negativo) perché la crescita economica in termini di produzione e di consumi, certificata dal PIL, genera il degrado dei beni relazionali, creando una trappola che si autoalimenta e distrugge il benessere degli individui e della società, una spirale negativa che porta sempre più solitudine e insicurezza.

Forse sarebbe più utile andare oltre le teorie e aprire il discorso a persone pratiche, esperte nella gestione della cosa pubblica, della politica, dell’economia; la nostra proposta è quella di cercare di coinvolgere amministratori, imprenditori, sindacalisti .. in una riflessione sulle problematiche cruciali dell’economia al bivio tra crescita e decrescita, anche alla luce della crisi attuale, che è globale e locale (nel caso di Prato e del suo distretto tessile). L’obiettivo è quello di lanciare un ponte, un contatto fra due mondi che si allontanano sempre di più, tra il mondo dell’utopia e quello della politica, tra teoria astratta e pragmatismo, tra idealità e realtà concreta.

 

Fonti bibliografiche:

www.aspo.it (studio del picco del petrolio)

Naomi Klein: “Shock Economy” - Rizzoli

Jared Diamond: “Armi, acciaio e malattie – breve storia degli ultimi tredicimila anni” - Einaudi

Jared Diamond: “Collasso” - Einaudi

Jacques Attali: “ Breve storia del futuro” - Fazi Editore

(a cura di) Maurizio Pallante: “Un programma politico per la decrescita” - Edizioni per la decrescita felice

Antonio Galdo: “ Non sprecare” - Einaudi

John Naish: “ Basta!” - Fazi Editore

Lester B. Brown: “Piano B 4.0 – Mobilitarsi per salvare la civiltà” - Edizioni Ambiente (disponibile anche in formato elettronico, copiando ed incollando su Esegui il link sottostante) http://www.indipendenzaenergetica.it/index.php?option=com_content&view=s...

Ecoalfabeta - http://ecoalfabeta.blogosfere.it/

Ecoblog - http://www.ecoblog.it/ (talvolta non all’altezza del tema trattato, per superficialità di qualche blogger e/o faziosità di qualche commentatore).  

Nuove tecnologie Energetiche - http://www.aspoitalia.it/blog/nte/

Petrolio - http://petrolio.blogosfere.it/

Parole verdi - http://paroleverdi.blogosfere.it/

Crisis - http://crisis.blogosfere.it/

http://kitegen.com/?page_id=38  un sito ove si tratta dello sfruttamento dell’energia del vento di alta quota e di un ambizioso serio progetto italiano partito 5 anni fa e che si trova in questo momento al secondo stadio di prova sul campo.