C'è ancora spazio per la crescita? (Gruppo Bologna)

1) Quali sono gli elementi di crisi, sul piano delle risorse, della contaminazione ambientale, delle disparità sociali, che mettono in crisi la crescita?

Sul piano delle risorse

Diversi segnali ci inducono a pensare che la crescita, così come la intendiamo ora, non sia sostenibile in futuro. Nel Rapporto Living Planet 2008 del WWF si analizzano alcuni indici:

a) L'indice del pianeta vivente tiene monitorato lo stato della biodiversità nel mondo. Viene misurato attraverso l'analisi di popolazioni di 1686 specie di vertebrati nelle regioni del mondo.

b) L'impronta ecologica è la domanda dell'umanità sulle risorse viventi del pianeta. Più nello specifico “misura la domanda dell'umanità sulla biosfera in termini di superficie di terra e di mare, necessaria alla produzione delle risorse che le persone utilizzano e all'assorbimento dei materiali di rifiuto che generano” (Rapporto Living Planet 2008).

c) L'impronta idrica è analoga a quella ecologica: mentre quest'ultima calcola l'area totale di superficie produttiva necessaria a produrre beni e servizi consumati da una data popolazione, l'impronta idrica calcola il volume totale di risorse idriche necessarie a produrre gli stessi beni e servizi.

Tutti e tre gli indici ci segnalano una situazione di forte crisi per le risorse del pianeta.

L'indice del pianeta vivente è diminuito di circa il 30% negli ultimi 35 anni. L'impronta ecologica, cioè la domanda dell'umanità sulle risorse viventi del pianeta, ha superato del 30% la capacità rigenerativa del pianeta. L'impronta dell'umanità ha superato la biocapacità della terra per la prima volta nel 1980, da allora è cresciuta sempre più. L'impronta idrica sul Pianeta è raddoppiata negli ultimi 45 anni.

La conclusione è molto chiara: “Se continueremo a reiterare gli attuali comportamenti entro i primi anni del 2030 avremo bisogno di due pianeti per soddisfare il fabbisogno dell'umanità di beni e servizi” (Rapporto Living Planet 2008).

Sempre sul piano delle risorse c'è da dire che il petrolio sta raggiungendo il suo “picco”, cioè il momento di massima produzione, dopo il quale la domanda inizierà ad essere superiore all'offerta, e la sua estrazione inizierà poco alla volta a divenire sempre più difficile ed economicamente costosa, dunque meno conveniente.

Inoltre si sta riducendo sensibilmente anche la disponibilità di altri minerali in natura :

“Quindici minerali di grande importanza tecnologica sono stati sfruttati per oltre la metà. Tra essi ci sono il mercurio (estratto al 95%), il piombo, l’argento e l’oro (estratti per oltre l’80%), l’arsenico, il cadmio e lo zinco (circa il 70%); l’estrazione di stagno, litio e selenio si attesta intorno al 60%, mentre manganese, rame, berillio e tungsteno sono intorno al 50%.” (Altraeconomia, Non solo petrolio).

Sul piano della contaminazione ambientale

Una gestione razionalizzata ed efficiente dei rifiuti, e soprattutto un'ottica di “rifiuti zero” che spinga a pensare i prodotti come necessariamente da riciclare ancor prima di essere costruiti e messi sul mercato, può ridurre le criticità attuali del problema rifiuti.

Nel periodo 1995 – 2006 c'è stata una lenta ma costante crescita dei rifiuti urbani in tutti i Paesi UE, probabile conseguenza dell’aumento della ricchezza e dei consumi quasi ovunque. Dal 2000 l’incremento annuo è più ridotto. Solo la Germania (da 624 kg a 566 kg) dal 1995 è riuscita a ridurre la produzione di rifiuti urbani pro-capite. Ma la maggioranza dei paesi non riesce a stabilizzarne la produzione. Dal punto di vista della contaminazione ambientale i rifiuti urbani pro-capite destinati all’incenerimento di tutti i paesi europei (UE 25) dal 1995 al 2006 sono incrementati del 51%, anche se molti studi scientifici sono concordi nel valutare negativamente gli effetti di questi impianti (sia quelli di prima generazione sia quelli di ultima generazione) sugli ecosistemi circostanti e sulla salute delle persone che vivono intorno ad essi (“Rapporto sui rifiuti 2008”).

Sul piano delle disparità sociali

La grande crescita dell’ultimo secolo, consentita da disponibilità di energia a basso costo, ha comunque prodotto enormi disparità sociali sia all’interno dei paesi ‘ricchi’, sia dividendo i paesi del globo fra ricchi e poveri. Dopo un primo momento di ‘crescita sociale’ abbastanza diffusa, la distribuzione della ricchezza si è andata polarizzando.

Oggi il 20% della popolazione mondiale gode dell’80% delle ricchezze naturali. La crescita ha prodotto ‘contraddizioni’ che non possono non mettere in crisi la convivenza futura.

Soprattutto i paesi occidentali hanno consumi molto elevati e quindi, come si diceva prima, una Impronta ecologica superiore alla capacità rigenerativa della propria nazione (Biocapacità). Ma è certo che non è pensabile allargare lo stile di vita e la modalità di consumo dei paesi più ricchi a tutta la popolazione del Pianeta, tanto più se pensiamo che questa è in costante aumento.

 

2) Le fonti rinnovabili potranno fornirci la stessa energia che ci hanno fornito i combustibili fossili? L'efficienza potrà bastare a sopperire la riduzione energetica e la scarsità di risorse prossime venture? Anche se avessimo energia in abbondanza gli altri aspetti (risorse e rifiuti) consentono l'espansione ad oltranza di produzione e consumi?

Ecco un confronto tra le energie rinnovabili e quelle che invece ci hanno fornito e ci forniscono i combustibili fossili:

1) L'obiettivo più immediato per il futuro fissato dalla Unione Europea, relativamente alla politica energetica e climatica, è il “Pacchetto 20-20-20”. Si chiede ai paesi membri di arrivare al 2020 con una riduzione del 20% delle emissioni di CO2 (rispetto al valore del 1990), col raggiungimento dell’obiettivo di produzione del 20% dell’ energia da fonti rinnovabili, e con la riduzione del 20% dei consumi energetici mediante il miglioramento dell'efficienza d'uso. In Italia siamo per ora molto al di sotto degli obiettivi fissati, ma potenzialmente sarebbe possibile cogliere questo obiettivo.

2) Un documento di Amici della Terra ( Rinnovabili, incentivi e compatibilità territoriale) prende in considerazione uno dei possibili indicatori (non certo l'unico) per la valutazione di un confronto tra le varie fonti di energia, ovvero la superficie territoriale utilizzata per la produzione finale di energia dalle diverse filiere. Dalle tabelle riportate appare evidente che nessuna delle fonti rinnovabili, almeno da questo punto di vista, presenta i vantaggi delle convenzionali fonti di energia come ad esempio un Impianto Turbo-gas. Per fare un esempio un Impianto Turbo-gas ha un rapporto “Quantità di superficie utilizzata/Unità di energia prodotta” di 0.09 Km2 - Kilometri quadrati/Mtep (Milioni di tonnellate equivalente petrolio) - . Mentre il rapporto degli impianti eolici per elettricità è di 341 Km2/Mtep, mentre il solare integrato all'edilizia, sempre per l'elettricità, ha un rapporto di 45 Km2/Mtep.

3) Per quello che riguarda il nostro paese, teoricamente il potenziale energetico delle fonti rinnovabili è sovrabbondante rispetto al fabbisogno nazionale di energia (potenziale energetico accessibile). In realtà esistono limiti tecnici che portano ad una produzione di energia molto più bassa (potenziale energetico praticabile).

Tra le energie rinnovabili, l'EROEI del fotovoltaico, circa 10, e dell'eolico, circa 20 ( Fonti rinnovabili in Italia, D. Coiante, Amici della Terra ), è buono. L'EROEI è una misura della resa energetica: il rapporto tra l'energia prodotta da un impianto e l'energia utilizzata per costruirlo, mantenerlo e smantellarlo.

Data la natura della rete attuale e considerato che l'energia eolica e quella fotovoltaica forniscono energia intermittente se sono allacciate direttamente alla rete, potrebbero arrivare a coprire insieme solo il 15% dell'energia elettrica totale. Con oscillazioni di energia al di sopra di questo limite, il sistema si blocca: black-out. Sono necessari pertanto degli accumulatori che mantengano costante il flusso di energia in rete, o altri accorgimenti. Al momento attuale ci sembra di capire che l'efficienza di questi accumulatori non sia ancora così buona e questo sia, ad oggi, il limite più grosso per lo sviluppo del fotovoltaico e dell'eolico.

L'altra fonte di energia rinnovabile con un buon EROEI (da 50 a 270) è l'idroelettrico, ma il margine di crescita del numero degli impianti è molto limitato e l'energia fornita dalle centrali idroelettriche è destinata piuttosto a diminuire, a causa della diminuzione della piovosità.

Tenuti fermi i livelli attuali di consumo, ad oggi, pur con opinioni contrastanti, ci sembra difficile riuscire a sostituire i combustibili fossili con le energie rinnovabili (Pakola, Scolw, 2004 citato da Living Planet Report).

Altra considerazione importante da fare è che l'efficienza tecnologica non è detto che possa sopperire alla riduzione energetica e alla scarsità di risorse. Questo aspetto appare molto legato a quello dei “bisogni”. E' inutile infatti ridurre il quantitativo di energia necessaria ad esempio per produrre una macchina, se poi complessivamente il numero di macchine immesse nel mercato è in costante aumento. Diverso sarebbe se all'aumento della efficienza nell'uso di energia si accompagnasse un contenimento o una riduzione dei bisogni.

 

3) Quale politica di utilizzo dei combustibili fossili residui in un ottica di transizione energetica e di riduzione della CO2?

I combustibili fossili sono importanti soprattutto per il riscaldamento e per i trasporti. In un'ottica di transizione energetica, in attesa dello sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, i combustibili fossili potrebbero essere utilizzati soprattutto con tre finalità:

a) Per sostenere e garantire il fabbisogno energetico dei servizi fondamentali (e non quelli accessori), come potrebbero essere ad esempio quelli di tipo sanitario.

b) Per far andare avanti quelle attività (utili…) strettamente dipendenti dai combustibili fossili e che non potrebbero continuare senza questi.

c) Preservare i combustibili fossili come riserva di energia per i momenti di scarsità e di emergenza.

Il modo per ottenere questi risultati sarebbe un sistema di incentivi che orienti il consumo in questa ottica. Ad esempio potenziando e favorendo in tutti i modi il trasporto pubblico nelle città, riqualificando gli edifici esistenti per massimizzare l’efficienza energetica.

 

 

4) Quali settori produttivi privilegiare, ridimensionare, trasformare, in un'ottica di sostenibilità?

In Agricoltura è da privilegiare la filiera corta, o il km0, che oltre a farci riscoprire i sapori locali consente risparmio energetico in quanto non richiede trasporti su lunghe distanze. Va potenziato il Biologico ed evitata la Monocultura.

Nell'Industria un settore promettente può e deve essere quello che va nella direzione del riciclo e riutilizzo dei rifiuti. E' quella la strada del futuro e quindi tutte le attività legate ad essa sono da favorire. Da privilegiare anche le attività industriali legate alla produzione e alla ricerca delle fonti rinnovabili di energia.

Alcune attività industriali da ridimensionare e /o trasformare sono inoltre tutto il settore degli imballaggi (che da soli costituiscono una fetta molto consistente di tutti i rifiuti solidi urbani), quello dell'industria bellica, dell'industria automobilistica, dell’industria dei prodotti usa e getta.

Tutta l'industria del Design è da trasformare. I prodotti non devono più essere solo esteticamente belli e comodi da utilizzare, ma principalmente fatti in modo tale da poter essere recuperati il più possibile in tutte le loro componenti.

Vanno eliminati o riconvertiti gli impianti di smaltimento dei rifiuti che non hanno futuro, come ad esempio gli inceneritori, perché l’energia si salva col riciclo (P. Connett, Campagna mondiale rifiuti zero).

Per quanto riguarda i Servizi, va ridimensionato e trasformato anche tutto il settore relativo all'immagine e alla pubblicità. E' possibile pensare che la Pubblicità continui ad esistere ma che non abbia come finalità principale quella di generare bisogni inutili, e che eviti di promuovere la diffusione di prodotti non sostenibili ecologicamente e socialmente.

Lungo sarebbe il discorso sull’industria farmaceutica che va ripensata totalmente. In tutti i campi andrebbe incentivata e sviluppata la formazione, la conoscenza, la ricerca.

 

 

5) Quali ambiti di consumo dovranno subire i ridimensionamenti e le trasformazioni più marcate in un'ottica di sostenibilità?

Considerando che nelle società mercantili i cittadini sono consumatori e quindi costantemente allettati da proposte di nuovi consumi, diventa necessario per prima cosa cambiare quegli atteggiamenti personali legati all'acquisto e all'uso dei prodotti, approfondendo la comprensione dei propri bisogni con l'obiettivo di ridurre il superfluo o comunque di svolgere il ruolo di consumatori in modo molto più consapevole, e socialmente solidale e sostenibile.

Oltre alla sfera dei bisogni, per una riorganizzazione dei consumi, deve essere cambiato anche l'atteggiamento dei produttori verso l'obsolescenza programmata dei prodotti e promossa una maggior responsabilità verso la riduzione degli sprechi da parte di ciascun attore del flusso produttore-distributore-consumatore. Tramite il consumo critico, e i Gruppi di Acquisto Solidali , GAS) possiamo influenzare i sistemi di produzione e di distribuzione favorendo un minore spreco di risorse ed una più equa distribuzione delle ricchezze.

Sono stati portati quindi questi esempi :

  • Ridurre tutti gli sprechi, pubblici e privati (es. spese militari)

  • Ridurre i consumi più inquinanti (trasporti irrazionali, mobilità non necessaria, ecc.)

  • Riduzione della certificazione del territorio

  • Riduzione del consumo di carne (e pesce)

  • Attenzione al consumo di acqua

E alcune attività di trasformazione da promuovere:

  • Organizzazione e sviluppo delle filiere corte per i prodotti agroalimentari, e non solo

  • Incentivare produzione di energia rinnovabile

  • Creazione di centri di aggiustaggio o riuso e del fai da te

  • Realizzazione di orti sociali, di vicinato, di condominio, ecc..

  • Auto produzione del cibo per ridurre al minimo gli sprechi degli scarti alimentari

  • Organizzazione di ‘luoghi’ di prestito per prodotti tipo libri, riviste, giornali, giochi, DVD, o di mercatini del riciclo, del dono, ecc.

 

6) Quali sfide sociali si aprono in uno scenario economico non più basato sulla crescita di produzione e consumi?

La decrescita dei consumi porta primariamente ad una riduzione della produzione e del lavoro retribuito, e al conseguente aumento della disoccupazione. La sfida principale diventa quindi quella di garantire ai cittadini una vita di benessere anche (e ancor più) con un sistema di lavoro differente e sostenibile, basato su orari di lavoro ridotti, integrati da un aumento delle attività socialmente utili per ciascun lavoratore. Sulla scia del problema lavoro si inserisce quindi una sfida sociale dovuta al timore che questi cambiamenti portino minor soddisfazione e benessere. Sfida che può essere combattuta tramite una intensificazione delle relazioni sociali, una maggior educazione degli individui sia al vivere comunitario e in cooperazione, sia alla responsabilità sociale nei confronti degli altri.

Sfide per i futuri scenari di decrescita.

 

A) Nuovi atteggiamenti

  • Cambiamento culturale per una nuova mentalità relazionale

  • Ruolo nuovo alle famiglie allargate, amicali o di vicinato, o alle micro-comunità di condominio, di strada, di quartiere (assistenza anziani, bambini, doposcuola, socializzazione della medicina naturale o di base, auto educazione alla salute, ecc..)

  • Educazione, informazione e sensibilizzazione alla nuova fase storica

B) Salvaguardia del benessere

  • Ricostruire la perdita del welfare, dettata dalla diminuzione di reddito e fiscalità, su base volontaria (tipologia : servizio civile)

  • Incentivare attività di volontariato e recuperare tempo per la collettività e per la partecipazione politica

  • Incentivare spazi e modalità conviviali per godere del tempo libero e coltivare i propri interessi

C) Salvaguardia dei redditi (specie nella fase di transizione)

  • Pensare e sviluppare ogni capacità di riassorbire le eventuali disoccupazioni con minore orario di lavoro ovunque possibile, per garantire più lavoro per tutti.

  • Politiche di incentivazione ai pensionamenti per liberare posti di lavoro ai giovani

  • Invenzione e produzione di nuovi lavori (energie sostenibili, riciclo, lavori socialmente utili, nuovi metodi di coltivazione in agricoltura, nuova edilizia e recupero energetico, ecc.)

  • Sviluppare la cooperazione sociale e giovanile anche per aggregazioni di occupati temporanei, a part time, lavoratori creativi o intellettuali, ecc.

Sia a livello nazionale che internazionale, la maggior parte dei governi, partiti e sindacati spingono ad un aumento della produzione, ritenendo che questa sia praticamente l’unica possibilità di aumentare la ricchezza e avere quindi la possibilità di una parziale redistribuzione della stessa. Il tema della decrescita non viene preso in considerazione, perché distruggerebbe l’attuale sistema economico basato sull’aumento continuo dei consumi. E’ un cane che si morde la coda. Il guaio è che siamo così condizionati dal “pensiero unico” del mercato che facciamo fatica a pensare e credere che ci siano soluzioni alternative realizzabili senza finire tutti in una situazione pre-industriale. Soluzioni. Non esiste una ricetta magica, ma tante piccole ricette che tuttavia devono essere messe in rete per formare una massa critica. Riteniamo che siano comunque due i presupposti necessari, anche se non sufficienti per iniziare la transizione

  1. Pensare ad una alternativa al modello capitalista. Questo è molto importante, perché senza una alternativa teorica e pratica sarà impossibile cambiare le asimmetrie oggi esistenti e ottenere quindi una migliore distribuzione delle ricchezze.

  2. Tessere una rete di relazioni con tutti i movimenti e gruppi, persone tendenzialmente sensibili a questi temi, per creare una massa critica (milioni di voti) e costringere i partiti e i governi ad un confronto. I tentativi finora attuati non hanno dato grandi risultati, ma dobbiamo insistere. Da soli non si cambia niente. I forum no-global sono un esempio interessante.

La transizione da un sistema dipendente dai combustibili fossili a quello da fonti rinnovabili si farà, anche indipendentemente dalle volontà politiche, perché lo richiederà lo stato delle cose. La decrescita non deve essere un impoverimento delle condizioni di vita, ma un arricchimento. Questo richiede parametri di giudizio diversi non compatibili con il modello capitalista ed il suo “pensiero unico”.