C'è ancora spazio per la crescita? (Gruppo Alba)

Il gruppo ha scelto di approfondire la discussione attorno alle domande n.4, n.5, n.6 relativamente alla traccia proposta dal C.N.M.S.

 

 

4) Quali settori produttivi privilegiare, ridimensionare, trasformare, in un'ottica di sostenibilità?

Privilegiare l’agricoltura possibilmente biologica/biodinamica, organizzata in modo da rispondere alle necessità del territorio, trasformando e limitando le monocolture, incentivando le produzioni locali e le autoproduzioni. Favorire in ogni caso l’agricoltura destinata all’alimentazione umana, riducendo il sistema dell’allevamento intensivo. In generale privilegiare i settori che rispondono ai bisogni essenziali della popolazione quali la gestione dell’acqua, la produzione di cibo, l’istruzione, la casa, il vestiario, la sanità e la cultura, contenendo la produzione e la diffusione dei beni di lusso.

Privilegiare la logica del riciclaggio, del riutilizzo e della riparazione, ridimensionando la produzione e l’utilizzo dei prodotti usa e getta. Ridurre la diffusione degli alimenti pronti confezionati, ripensare alle norme sanitarie che regolamentano l’igiene dei locali e la distribuzione di cibo in un’ottica di rispetto ambientale e di riduzione degli sprechi.

Ridimensionare l’industria automatizzata, rilanciando l’artigianato, il lavoro manuale e la piccola impresa per favorire l’autonomia e lo sviluppo locale, creando un tessuto economico più stabile e sostenibile.

Trasformare il sistema dei trasporti con l’obiettivo di ridurre il traffico e il conseguente inquinamento: incentivare l’uso comune dell’auto, l’utilizzo della bicicletta, il trasporto collettivo a gestione pubblica. Ridurre il trasporto aereo, privilegiando il trasporto ferroviario e marittimo delle merci. Ridurre i consumi energetici attraverso una migliore gestione del riscaldamento, la ristrutturazione degli edifici e la costruzione di nuovi con particolare attenzione ad ottimizzare l’efficienza energetica.

Trasformare l’industria bellica in settori tecnologici che aumentino l’efficienza energetica (per l’edilizia, i trasporti, l’industria …).

Investire nel settore della ricerca a tutti i livelli.

Investire sul settore educativo e scolastico con l’obiettivo di incentivare il cambiamento nei comportamenti quotidiani sia in termini di elaborazione dei significati sia in termini di esperienze concrete. Ripensare a nuove regole di convivenza civile. Favorire risposte collettive a scapito delle soluzioni individuali. Riequilibrare la gestione privata a favore della gestione pubblica per ridurre inevitabili rischi di speculazioni.

Ridimensionare il sistema finanziario.

Ridurre l’utilizzo degli inceneritori e la produzione dei rifiuti.

 

 

5) Quali ambiti di consumo dovranno subire i ridimensionamenti e le trasformazioni più marcate in un'ottica di sostenibilità?

Il consumo energetico, migliorando la diversificazione delle fonti e contrastando l’accentramento dei poteri economici, in materia di energia, a pochi soggetti. Trasformare l’energia derivante da combustibili fossili in forme di energia pulita

Ridimensionare e trasformare i trasporti sia umani che delle merci sia attraverso il potenziamento dei mezzi pubblici sia attraverso il ripensamento della mobilità e degli spazi urbani a misura umana.

Ridurre l’ampio consumo di carne e pesce nell’alimentazione umana.

Ripensare all’uso dell’acqua: necessità di ridurre gli sprechi derivanti da una inefficiente gestione degli impianti, da una scarsa consapevolezza culturale del limite della risorsa, dall’utilizzo di acqua potabile in agricoltura.

Ridurre il massiccio utilizzo di imballaggi e di prodotti usa e getta.

In generale si sottolinea la necessità di ridurre i consumi, a partire dal superfluo, investendo sul cambiamento della persona: come rendere desiderabile un nuovo modello di sviluppo?

 

 

 

6) Quali sfide sociali si aprono in uno scenario economico non più basato sulla crescita di produzione e consumi?

La sfida fondamentale consiste nella ricerca di un benessere individuale e collettivo non più fondato sull’avere ma su nuovi valori e modelli di comportamento. Per questo occorre:

  • stabilire nuove regole di convivenza civile fondate su comportamenti responsabili e solidali;

  • diffondere una cultura ispirata all’idea di “sobrietà”, capace di modificare gli stili di vita individuali

  • riorganizzare nuove forme di distribuzione del lavoro secondo principi di giustizia sociale. Ridurre il lavoro salariato e la logica della parcellizzazione delle competenze professionali (saper fare più cose). Ridurre l’orario di lavoro, valorizzando il part-time come modalità di concepire e di vivere il tempo del lavoro retribuito in relazione al tempo della persona, valorizzare il ruolo e le capacità femminili in ambito professionale.

  • piena democratizzazione dei sistemi politici ed economici, seguendo criteri di partecipazione, di solidarietà e di inclusione sociale;

  • educazione alla criticità nei consumi

  • ripensare ad un modello sociale capace di riflettere quel giusto equilibrio tra visione femminile e visione maschile del mondo e della sua organizzazione

  • riuscire ad incidere sulle scelte di indirizzo politico sia come cittadini sia come persone impegnate in ambito partitico, cominciando dalle amministrazioni locali sino ai livelli superiori (provincia, regione, stato)

 

Tali sfide possono concretizzarsi nella misura in cui una parte significativa della popolazione decide di accogliere quel necessario cambiamento culturale capace di trasformare la percezione di sé da “individuo” a “cittadino”, liberandosi dal pensiero ossessivo della crescita economica per vivere in maniera più giusta e solidale i rapporti interpersonali.

A tal fine sarebbe necessario ri-costruire un quadro di riferimento valoriale condiviso e riconosciuto pubblicamente, capace di sostituire la cultura della violenza e della guerra con quella della pace, dei diritti umani e della nonviolenza; la logica dell’esclusione con l’accoglienza, dell’intolleranza con il dialogo, del razzismo con il riconoscimento dell’altro, dell’egoismo con la solidarietà, dell’illegalità con la legalità, della separazione con la condivisione, dell’arricchimento con la giustizia sociale, della competizione selvaggia con la cooperazione.

La sfida sociale dovrebbe quindi articolarsi su due piani:

  • piano individuale caratterizzato da un diverso modello etico e comportamentale basato, nei paesi ricchi, sui valori della sobrietà, dell’eguaglianza, della solidarietà, sul rispetto dell’uomo e dell’ambiente; nei paesi poveri sulla rivendicazione e sulla lotta per il prioritario diritto alla vita.

  • piano politico caratterizzato dalla capacità di recepire dal basso, dagli uomini, dai loro bisogni e diritti, ma capace altresì di operare in maniera distinta tra paesi ricchi e paesi colonizzati. Laddove non esiste la mediazione di istituzioni democratiche un nuovo modello di sviluppo non potrà che essere il risultato di una rivoluzione sociale, laddove invece esiste un regime democratico un nuovo modello di sviluppo dovrà essere il risultato di uno schieramento politico, realmente antagonistico al modello capitalistico, capace di trasformare l’attuale modello sociale con profonde riforme strutturali. Il nuovo modello di sviluppo è tutto da inventare e costruire!