La nuova economia ispirata ad equità e sobrietà: possiamo assumere i bisogni come criterio per abbozzare il quadro d'insieme? (Gruppo Alba)

Il tentativo di analizzare la struttura dei bisogni umani ha portato il gruppo alla necessità di  ricercare e condividere una definizione di “bisogno” per offrirci la possibilità di confrontarci più profondamente su un tema così importante eppure così a rischio di banalizzazioni e retorica. Il  “bisogno”, di fatto, da sempre interroga l’uomo e nel corso della storia umana diverse sono state le definizioni ad esso attribuite e diversi i punti di vista assunti nell’analisi. Abbiamo quindi tentato di ripercorrere sinteticamente alcuni dei significati proposti e ritrovati nella storia della filosofia per dare maggior forza alle nostre riflessioni.

Il bisogno potrebbe essere definito come "la dipendenza dell'essere vivente, quanto alla sua vita o ai suoi interessi da altre cose o esseri" (N.Abbagnano). Come già sul tema del lavoro anche sul tema del bisogno il punto di partenza resta il rapporto tra l'uomo e le cose e tra l'uomo e gli altri uomini. Il lavoro è l'attività che lega l'uomo alle cose e agli altri uomini; il bisogno è la dipendenza dell'uomo dalle cose e dagli altri.
Nella storia della filosofia la nozione di "bisogno" è stata sostanzialmente analizzata:
a) dal punto di vista etico: quale atteggiamento assumere di fronte ai bisogni, in che modo e grado disciplinarli, e in particolare come limitarli qualitativamente e quantitativamente;
b) dal punto di vista antropologico: quale significato ha il bisogno rispetto al modo d'essere proprio dell'uomo, quale possibilità offre di comprendere e descrivere la sua esistenza.

Il punto di vista etico emerge nella filosofia greca post-aristotelica con Epicuro, il quale distingue vari tipi di bisogni (i bisogni naturali e necessari alla sopravvivenza: fame, sete, sonno…; i bisogni naturali e non necessari come il cibo eccessivo e raffinato, gli eccessi sessuali …; i bisogni non naturali e non necessari come il bisogno di fama, di potenza, di onori …) e predica una scelta misurata dei bisogni e un calcolo equilibrato dei piaceri; contempla la rinuncia a quei piaceri che impediscono il raggiungimento dell'atarassìa, cioè l'assenza di turbamento. Lo stesso punto di vista etico emerge dallo Stoicismo che propone un ideale di uomo saggio, teso alla repressione di tutti i bisogni che generano emozioni per raggiungere quella condizione di "apatìa", di assenza di passioni, in cui risiede la libertà e l’autosufficienza del sapiente, dedito a una vita puramente contemplativa.
Su questa prospettiva morale si muove il pensiero della filosofia medievale, rinascimentale e moderna, evidenziando quegli elementi o caratteri che mettono in risalto l'indipendenza dell'uomo dal mondo e quindi il dominio dell'uomo sui bisogni, piuttosto che la sua dipendenza da essi.
Ancora Hegel, all'inizio dell'Ottocento, insiste sulla distinzione dell’uomo dall’animale in quanto "L'animale ha una cerchia limitata di mezzi e di modi di appagamento dei suoi bisogni, che sono parimenti limitati. L'uomo, anche in questa dipendenza, dimostra, nello stesso tempo, il suo superamento della medesima e la sua universalità, soprattutto mediante la moltiplicazione dei bisogni e dei mezzi e poi mediante la scomposizione e la distinzione del bisogno concreto".

Il punto di vista antropologico, tende invece a definire quale importanza e significato il bisogno riveste nell'esistenza umana, partendo dalla considerazione che il bisogno è una componente costitutiva dell'uomo. Questa prospettiva è stata sviluppata per primo da Platone, il quale ha chiaramente riconosciuto il valore del bisogno: egli attribuisce grande 'importanza al bisogno dell'amore, inteso nel significato più vasto, come "mancanza e ricerca di ciò che manca" (Convito). Al bisogno Platone attribuisce anche l'origine dello Stato: "Quando un uomo prende con sè un uomo in vista di un bisogno e un altro uomo in vista di un altro bisogno e la molteplicità dei bisogni riunisce nella stessa residenza più uomini che si associano per aiutarsi, a questa società noi diamo il nome di Stato" (Repubblica).
Anche per Aristotele lo Stato nasce da un bisogno: il bisogno di socialità. L'uomo è un "animale sociale" e lo Stato si forma per il bisogno umano di realizzare una vita felice che, secondo Aristotele, significa prevalentemente una vita virtuosa.
Nè la filosofia medievale nè quella moderna si avvalgono del concetto di "bisogno" per interpretare la realtà umana, almeno fino all'Ottocento quando, Schopenhauer utilizza la categoria dei bisogni come chiave di interpretazione per definire l’identità dell’uomo. Egli interpreta come "bisogno", quindi come mancanza, e quindi come dolore, la volontà di vita che costituisce l'essenza noumenica del mondo. " La base di ogni volontà è bisogno, mancanza, ossia dolore, a cui l'uomo è vincolato dall'origine, per natura".
Sulla stretta connessione del bisogno con la natura umana insiste anche  Feuerbach, il quale vede la nascita delle religioni determinata proprio dal bisogno dell'uomo di superare la sua finitezza e la sua dipendenza di fronte alla natura .
Marx nei suoi scritti giovanili elabora un'analisi dei bisogni sociali, offrendo varie definizioni, ma sempre sottolineando come in una società divisa in classi, contrapposte da interessi antagonistici, i bisogni sociali non possono essere gli stessi per tutti gli individui (il bisogno del lavoratore di emanciparsi si scontra col bisogno del capitalista di accumulare capitali).
Nella filosofia contemporanea l'importanza della nozione del "bisogno" per l'interpretazione della realtà umana, viene sottolineata sia dal naturalismo sia dall'esistenzialismo.
Il naturalismo di Dewey, per esempio, insistendo sulla "matrice biologica" di ogni attività umana, individua nel bisogno la rottura dell'instabile equilibrio organico e il punto di partenza della ricerca che tende a ristabilirlo.
Sul versante dell'esistenzialismo, Heidegger definisce l'esistenza dell'uomo come dipendenza dell'uomo dal mondo. L'uomo, in quanto "essere-nel-mondo",  si configura come un "esser gettato nel mondo", in una condizione di dipendenza dalle cose e dagli altri che caratterizza, in modo specifico, il suo stato di finitezza.

Tutto ciò ci riporta al riconoscimento del bisogno in quanto elemento costitutivo dell’essere umano e, nel contempo, in quanto una delle possibili chiavi di lettura e di interpretazione della realtà sia a livello individuale che collettivo.

 

1) Come possono essere classificati i bisogni in base al loro grado di necessita?

Non esiste una classificazione a priori che stabilisca il grado di necessità delle persone, però, come afferma Francesco Gesualdi: “Dobbiamo riaffermare la nostra dignità di persone, esseri a più dimensioni. Non solo corpo, ma anche sfera affettiva, intellettuale, spirituale, sociale. Si ha vero benessere solo se tutte queste dimensioni sono soddisfatte in maniera armonica. Non una che prevale sull’altra, ma tutte soddisfatte nella giusta misura. Ad ogni dimensione il suo tempo, il suo spazio, la sua corretta qualità.” (L’altra via – pag. 22)

Si potrebbero distinguere cinque tipi di bisogni dell’essere umano:
a) bisogni assoluti o primari per la sopravvivenza umana: cibo, acqua, cure sanitarie, vestiario, abitazione, istruzione, servizi e sicurezza sociale (intesi come welfare minimo garantito ed uguale per tutti), affetto (qui inteso come accudimento fisico/affettivo nei primi anni di vita). I livelli minimi di tale categoria di bisogni devono essere garantiti a tutti dall’organizzazione statale e non dal mercato.
b) bisogni necessari per realizzare il potenziale umano: relazione (sessuale, affettiva, amicale, sociale); conoscenza, amore (qui inteso come capacità di dare e ricevere in primo luogo affetto, ma anche riconoscimento, stima, valorizzazione, fiducia, rassicurazione); libertà, occupazione gratificante (remunerata e non), tempo, informazione libera e partecipata, cultura, mobilità, libertà di pensiero e di associazione, pace.
c) bisogni di vita interiore: bellezza, armonia, silenzio
d) bisogni legati alle aspirazioni ed alle tendenze personali o di gruppo: sport, hobbies, viaggi/vacanze, strumenti tecnologici (es. televisione, cellulare, pc …), beni di proprietà (casa, auto…)
e) bisogni indotti dal semplice desiderio, dalla pubblicità o dalla moda: in genere non necessari ma fortemente caratterizzanti un modo di vivere e di porsi nella società. (auto di lusso, capi firmati, gioielli, seconde case …)

 

 

2) In una situazione di risorse e spazi ambientali limitati a quali bisogni dare priorità? E' possibile immaginare un'economia equa e sostenibile senza programmazione?

La priorità dovrebbe essere data alla soddisfazione dei livelli minimi vitali per tutti/e, che dovrebbero essere considerati diritti inalienabili.
Ricordiamo la descrizione dei principali bisogni/diritti nella Dichiarazione universale dei diritti umani:

Articolo 25
1. Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
2. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26
1.Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.

La programmazione è indispensabile e dovrebbe essere svolta nel modo più partecipato e decentrato possibile nonché accompagnata da una formazione di base in grado di orientare al riconoscimento e alla distinzione dei bisogni necessari da quelli indotti dai condizionamenti sociali e/o artificiosi (pubblicità). In questa ottica diventa indispensabile attuare anche una seria programmazione finalizzata alla realizzazione di un’economia equa e sostenibile sebbene, ad oggi, risulti ancora difficile sia definire i soggetti promotori di tale forma di economia che gli strumenti di analisi e di verifica necessari.

 

 

3) Quali bisogni possono essere soddisfatti tramite il fai da te e gli scambi di vicinato?

  • La cura quotidiana della casa, dell’alimentazione, della salute.
  • L’assistenza a bambini, anziani, persone in difficoltà.
  • La cura quotidiana dell’ambiente circostante (marciapiedi, cortili, giardini, passaggi comuni, fossi, tombini...).
  • La produzione/riparazione di abiti, mobili...
  • La produzione di ortaggi e frutta se c’è terra a disposizione.
  • Un livello minimo di informazione e scambio culturale.

Lo scambio di competenze tra vicini diventa preziosa risorsa per una risposta ad un maggior numero di bisogni e per una migliore qualità della vita e delle relazioni.

 

 

4) Quali debbono essere affidati all'economia pubblica?

  • Strutture e personale per l’istruzione dalla materna all’università
  • Strutture e personale per la cura della salute
  • Trasporti pubblici collettivi per ridurre l’uso di auto private e il traffico
  • Strade
  • Produzione e distribuzione di energia (elettrica, gas, petrolio)
  • La gestione dell’acqua
  • La gestione dei rifiuti
  • La sicurezza sociale
  • La PACE che può essere raggiunta: 
    • indirizzando il mercato a produrre prioritariamente casa e cibo di base per tutti/e; e strumenti e strutture necessarie ai servizi essenziali;
    • sottraendo al mercato i beni comuni sui quali non ci deve essere profitto: aria, acqua, boschi, fiumi, mari, coste, energia... 
    • favorendo incontri e scambi internazionali e interculturali.