Le paure sociali che ci tengono legati alla crescita: come superarle? (Gruppo Mantova)

1) A cosa serve il lavoro? Quante forme di lavoro conosciamo?

Il lavoro è uno strumento a disposizione dell’uomo per creare ricchezza materiale, immateriale e relazionale per sé e per una società di persone. La ricchezza materiale è evidente e raggiunge gli eccessi nei paesi opulenti; la ricchezza immateriale è meno evidente e comprende uno spazio molto ampio da indagare (gratificazione, soddisfazione personale o di gruppo, benessere spirituale e fisico); la ricchezza relazionale è quella che produce la felicità.
Il lavoro è anche un mezzo per accrescere le proprie conoscenze e auto-gratificarsi, ma anche per creare beni e servizi che possano soddisfare i bisogni (più o meno fondamentali) dell’uomo. Ora bisogna specificare cosa si intende con il termine bisogno. Questo concetto ha subito un’evoluzione nel corso della storia, ed è tutt’ora in continuo mutamento. Facciamo un esempio. Se fino a 30 anni fa era un bisogno mangiare la carne almeno tre volte all’anno, ora c’è la diffusa percezione (come bisongo) di doverla mangiare tutti i giorni. L’aumento crescente dei bisogni, o percepiti come tali, che ogni uomo cerca di soddisfare dipende fortemente dal contesto in cui viviamo. Attualmente sembra che i bisogni che abbiamo siano in continuo aumento, ma per poterli soddisfare sono necessari due fattori: soldi e tempo. Più bisogni abbiamo più servono soldi; per avere più soldi bisogna lavorare di più; lavorare di più significa sacrificare il tempo che abbiamo a disposizione. Pensare che una volta… un povero lavorava assai più dei ricchi; oggi un manager lavora molto più di un operaio.

 

 

2) Tutte le forme di lavoro hanno bisogno di crescita o solo quello salariato?. Rimanendo all’ambito privato, quali forme di lavoro possiamo potenziare per permettere a tutti di soddisfare i propri bisogni senza far crescere i consumi?

Il lavoro si distingue in due categorie principali: salariato e non salariato. Lavora l’impiegato in ufficio, l’operaio in fabbrica… lavora la casalinga che, pur non essendo stipendiata, produce un buon pranzo e concorre cosi al benessere della famiglia. Addirittura incalcolabile sembra essere la ricchezza per la società prodotta dal “lavoro di madre” della donna stessa. (1) 
Ma ci sono altre forme di lavoro che sono quelle che non prevedono una retribuzione in denaro, ma in tempo, disponibilità. Le associazioni di volontariato ne sono un esempio. Migliaia di persone dedicano il proprio tempo a disposizione di qualcun altro, non per avere dei soldi in cambio, ma per vedere un diritto rispettato, o per vedere qualcuno stare meglio. In cambio basta davvero poco, un sorriso, una buona parola.
Il lavoro “non salariato” dovrebbe in questo modo estendersi ad altri livelli, in modo da riuscire a garantire diversi servizi a tutte le persone, almeno i beni essenziali, in quanto questi non devono appartenere al mercato (sanità, istruzione, cibo, acqua, energia, comunicazioni,trasporti…). Nello stesso tempo, non si dovrebbero muovere solo una stretta cerchia di persone collegate a queste associazioni, ma tutti i cittadini se ne dovrebbero sentire parte, per garantire a tutti i diritti fondamentali attraverso un piccolo contributo di ognuno.

 

 

3) Se valutassimo i settori produttivi in base all'utilità e alla sostenibilità, che percentuale di posti di lavoro stimiamo di dovere eliminare? Si tratterebbe di una perdita secca o altri mestieri e altri settori andrebbero potenziati in un'ottica di sostenibilità?

C’è una sorta di convergenza della letteratura della decrescita nel ritenere la pubblicità un settore da diminuire, in particolare la pubblicità in TV sembra manipolare nel modo più subdolo le menti ed i desideri di bambini e adolescenti.
I mestieri della finanza, soprattutto legati alla speculazione internazionale,alla corruzione al tranfer pricing, andrebbero ridotti drasticamente (dimezzati). (2)
Altri settori che dovrebbero subire un drastico calo sono i trasporti, la produzione di armi, produzione di oggetti futili (la “paccottiglia” che invade tutti i continenti, anche i più poveri con l’Africa, di produzione cinese ma non solo) (3)

 

 

4) Quali richieste immediate avanzare al sindacato,ai partiti,alle istituzioni per favorire lo spostamento produttivo e redistribuire il ridotto ammontare di lavoro salariato?

Nell’immediato le richieste da avanzare sono a) una riduzione dell’orario lavorativo e una migliore redistribuzione delle risorse monetarie residue, b) uno spostamento delle tassazioni ed il c) trasferimento dei sussidi. Orari di lavoro dimezzati favorirebbero piena occupazione e una maggiore qualità della vita (diminuzione dello stress e delle patologie collegate, più tempo per sé e per le relazioni). Va da sé che meno lavoro e meno necessità di far circolare merci e persone, generano un impatto positivo sulla spesa pubblica che deve investire meno in infrastrutture. Le risorse monetarie, generate da un ridotto gettito fiscale, andrebbero destinate all’erogazione di servizi come acqua, alloggi, energia e tutela ambientale, trasporti, ricerca, sanità. Nell’immediato è da richiedere uno spostamento delle tassazioni: il mercato deve rispecchiare la “verità ecologica”, le emissioni di CO2 devono essere tassate (es. congestion tax di Londra). Alcune industrie sono da tassare pesantemente es. l’industria del tabacco, con il conseguente aumento del costo delle sigarette ed un disincentivo al vizio. Il pacchetto di sigarette deve contenere i costi sociali del fumo (es. 7,50 US a New York nel 2002). Non è ammissibile che i contribuenti di tutto il mondo sottoscrivano, pagando le tasse, sussidi alle imprese petrolifere, imprese del carbone, e multinazionali attività che operano a danno dell’ambiente e delle persone. I sussidi vanno trasferiti a settori quali energie alternative (solare, eolico, geotermico), agricoltura biologica e naturaele (non piantagioni di tabacco), alcune infrastrutture es. ferrovie. (4)

 

 

5) L'economia pubblica va concepita unicamente come un comparto che spende o che produce anche ricchezza? La sua capacità di produrre ricchezza su cosa si fonda?

L’economia pubblica può produrre ricchezza e ben-vivere: prendiamo il caso della conoscenza medica ed estendiamolo al più generale problema della sanità pubblica.

Abbiamo affidato la produzione di conoscenza medica interamente al settore privato, alle multinazionali. Questo ha generato distorsioni fino al punto che, non essendo brevettabili nuove medicine, sono stati inventati nuovi malati, è stata incentivata la medicalizzazione di ogni malessere, con test per ogni tipo di disturbo, vaccini, etc. Questo ha generato notevoli profitti alle multinazionali e costi economici e sociali per lo stato. I corollari di questo meccanismo sono che multinazionali come Glaxo Smith-Klein (sede di Verona) decide da un giorno all’altro di chiudere i battenti per trasferirsi in paesi a basso costo di manodopera lasciando in panne circa 700 lavoratori e famiglie. L’economia pubblica deve ri-orientare i propri investimenti e le proprie energie. Deve produrre ben-vivere con la prevenzione, è pensabile che divulghi “terapie efficaci ma non vendibili” (pensiamo a come sia possibile prevenire il cancro seguendo una certa dieta). Queste scoperte che generano un ben-vivere immenso ma senza beneficio monetario per lo scopritore, sono di centrale interesse per l’economia pubblica (5). Altri ambiti produttivi di ricchezza sono le scelte pubbliche nella organizzazione degli spazi cittadini, nelle politiche relazionali (6), nella organizzazione di una scuola basata su una cultura della collaborazione tra gli studenti e della solidarietà (non allo sgomitare per essere il primo della classe).   
In fine, se si accetta che il lavoro produce ricchezza per la società, le persone potrebbero dedicare qualche ora di lavoro diretto per la collettività. La pubblica amministrazione potrebbe organizzare a livello locale (es. comunale) questa iniziativa con benefici immediati. Es. la gestione del verde, servizi di pulizia all’interno dei locali di pubblica utilità, altri piccoli servizi potrebbero essere a carico di gruppi di cittadini. (7)

 

Note:

(1) Colin Patel, Il valore delle cose, Feltrinelli, 2009, Milano

(2) Deduzione in seguito alla lettura di Andrea Baranes, Come depredare il Sud del Mondo, Terre di Mezzo, 2009, Milano

(3) Serge Michel, Michel Beuret, Cinafrica. Pechino alla conquista del continente nero, Il saggiatore, 2008, Milano

(4) Lester Brown, Piano B, una strategia di pronto soccorso per la Terra, edzioni Ambiente, 2004, Milano, pp. 192-198

(5) Stefano Bartolini, Manifesto per la felicità, come passare dalla società del ben-avere a quella del ben-essere, Donzelli editore, 2010, Roma, pp. 223-226 per dati statistici l’autore rinvia al sito http://www.donzelli.it/libro/2153/manifesto-per-la-felicità

(6) Ibidem

(7) Francesco Gesualdi, L’altra via, Altra Economia, 2009, Milano