Fai da te ed economia di vicinato: quale ruolo e come potenziarli? (Gruppo Bologna)

Premessa

Abbiamo cercato di rispondere alle domande partendo da questi temi (non tutti toccati) :
- l 'importanza del fai da te per limitare la crescita, gli ambiti possibili del fai da te;
- i limiti e le potenzialità del ruolo della conoscenza e dei saperi;
- l'assetto legislativo più idoneo per l'espansione del fai da te;
- banche del tempo e altre esperienze di scambio di beni e servizi a livello di vicinato;
- monete autogestite per gli scambi di vicinato;

Abbiamo dedicato i primi due incontri ad approfondire e confrontarci quasi solo sui testi di Ivan Illich. Le riflessioni di Illich si inseriscono bene nel tema del Fai da Te. Infatti uno dei punti centrali del suo pensiero è la critica radicale a ogni tipo di “sapere esperto e professionalizzato”, che ha avuto troppo spesso l'esito di rendere l'uomo dipendente da altri, e disabituato a far leva sulle proprie conoscenze e risorse. In Gesualdi il Fai da Te appare soprattutto come una via utile a ridurre lo spreco di energie e di risorse, e viene messa in luce la sua utilità principalmente dal punto di vista economico ed ecologico. In Illich invece il Fai da Te, e cioè il far da sé le cose senza delegarle agli esperti, viene vista come la modalità più rispettosa della dignità dell'uomo, in quanto persona libera, responsabile e autonoma. In Illich è senz'altro presente la critica e la denuncia nei confronti di una società che ha il dogma del “crescere sempre di più”, come se non esistessero limiti alle risorse ambientali disponibili. Dice anzi chiaramente che siamo inevitabilmente diretti a una catastrofe, che però può diventare “crisi” (cioè opportunità di cambiamento) e “inversione di rotta” se sapremo immaginare e realizzare una società impostata in modo radicalmente diverso, ovvero impostata sulla ‘convivialità’, definita come libero accesso agli “strumenti” (che possono essere cose, organizzazioni, istituzioni, ecc.). Infatti, il tema centrale in Illich non è quello della crescita economica, dell'ecologia, o della giustizia sociale. E' il rapporto uomo - strumento - società. E quando parla di strumento si riferisce ai trasporti, alla scuola, alla medicina… Egli è ferocemente nemico del “sistema di produzione industriale” non tanto perché ci porta a sfruttare il pianeta e il sud del mondo oltre ogni limite, ma soprattutto per il fatto che impone agli uomini prodotti già confezionati (o organizzazioni ed istituzioni finalizzate all’interesse di pochi), togliendo loro la libertà di scegliere in modo autonomo, libero e creativo quali strumenti adottare e quindi quale vita vivere. In questo modo l'uomo si abitua a consumare o scegliere tra strumenti già dati, non sviluppa le sue capacità, si disabitua a fare, a ragionare e a immaginare in modo autonomo. L'uomo è povero non quando ha pochi beni tra cui scegliere, ma quando non sviluppa le sue capacità e potenzialità in modo libero. Quando non esprime i suoi “valori d'uso”.

L'ideale verso cui tendere secondo Illich sono lo “strumento conviviale” e la “società conviviale”. Uno strumento è conviviale quando si dà dei limiti, e non impone all'uomo strade obbligate. Quando aumenta le possibilità dell'uomo senza togliere a questo la responsabilità di decidere in che modo servirsene e se servirsene, e quando permette a tutti di accederne. E' conviviale quella società in cui ogni singolo uomo può servirsi liberamente e creativamente degli strumenti seguendo un proprio progetto, e non delegando tutto al sapere degli specialisti. Il contrario della società conviviale è una società industriale, che omologa tutti e non lascia libertà di scelta.

Dopo questa premessa, abbiamo provato ad affrontare le domande.

 

1) Avrebbe senso conteggiare nel P.I.L. Il fai da te?

Con PIL intendiamo la somma dei fatturati di una nazione, la somma degli scambi commerciali registrati. E' l'indice della ricchezza economica di una nazione, ma non può essere il PIL l'indicatore unico del benessere e del livello di sviluppo di una nazione. Il Fai da Te non è calcolato nel PIL, perché è un'altra cosa. Tutto ciò che rientra nel PIL è monetizzato e mercificato, mentre le attività del Fai da Te non lo sono. Seguendo lo schema di Gesualdi possiamo dire che il PIL è l'indicatore di un aspetto dell'economia, il Mercato. Siamo invece più propensi a inserire il Fai da Te all'interno di un ipotetico indicatore che misura il livello di benessere e sviluppo di una nazione, che non sia il PIL.

 

 

2) Come riformare la scuola per accrescere la nostra autonomia lavorativa?

Più che rispondere ci siamo posti delle domande : che cosa si intende per autonomia lavorativa? (l'autonomia dal sapere esperto di cui parla Illich?). A cosa serve la scuola? (deve servire a trovare un lavoro? abbiamo già visto che il lavoro è destinato a cambiare o scomparire…O deve servire ad insegnare a pensare?). Concordiamo sul fatto che la scuola dovrebbe recuperare l'insegnamento dei mestieri. Ci piace l'idea di una scuola che pensi a formare l'uomo in modo completo (scuola steineriana?). Sulla scia delle riflessioni di Illich ci siamo anche detti che la scuola non dovrebbe insegnare tutto (a cucinare, piantare delle sementi, ecc…) in quanto molte cose le si possono imparare in modo autonomo e con la propria esperienza, e non necessariamente attraverso la mediazione di esperti. Per “autonomia lavorativa” intendiamo soprattutto il “fai da te”, e cioè semplicemente un “saper fare le cose”. Come ad esempio saper fare un orto, imbiancare una casa, costruire una casa, saper fare un vestito (che è semplice garantisce Alessandro, meno semplice è farlo molto bene), ma anche la conoscenza del proprio corpo e il prendersene cura. Ed abbiamo individuato due strade per favorire l'autonomia lavorativa nelle scuole. Da una parte l'introduzione di materie nuove, dall'altra la promozione di un cambiamento di mentalità nell'approccio educativo in generale. Le materie nuove dovrebbero essere soprattutto quelle legate alla “manualità”, capacità distintiva degli uomini, e che almeno in Italia col tempo è stata sempre più trascurata all'interno delle scuole. Un po' meglio va nelle scuole elementari, ma già dalle scuole medie le mani non le si usano più. Le singole abilità da insegnare sarebbero le stesse citate prima.

Per quanto riguarda il cambio di mentalità abbiamo messo a fuoco alcune caratteristiche che ci piacerebbe venissero incentivate all'interno della scuola : infondere nei ragazzi un senso di fiducia nel fatto di poter fare delle cose con le proprie mani; stimolare il pensiero critico, la creatività e il coraggio di mettere in discussione i luoghi comuni, le certezze consolidate e apparentemente indiscutibili; promuovere la collaborazione più che l'agonismo e la competizione necessaria a questo sistema per giustificare l’iniqua divisione delle ‘ricchezze’; favorire nei ragazzi la curiosità e la pratica di metodi di studio orientati a questa piuttosto che al nozionismo; insegnare ai ragazzi ad essere autonomi.

Come? Una via potrebbe essere “dare loro fiducia” nelle proprie potenzialità.

Ci siamo detti che introdurre nuove materie significherebbe inevitabilmente aumentare le ore di scuola. D'altra parte è certo che le attività pratiche e manuali non stancano come quelle di tipo intellettuale, e forse un aumento di ore non sarebbe così pesante come ci sembra. A Barbiana la scuola durava tutto il giorno. Un'altra idea potrebbe essere quella di utilizzare meglio i tre mesi estivi di vacanza. Alcune attività pratiche (più che di studio) potrebbero essere insegnate in uno di quei mesi estivi. Riducendo così il periodo di vacanza pura. Idea questa che ad alcuni di noi piace, ad altri invece no. Inoltre c'è chi ha fatto notare che le attività pratiche si prestano molto più di quelle teoriche ad essere apprese utilizzando il lavoro di gruppo più che quello individuale. Cosa che oggi purtroppo è molto poco valorizzata.

 

 

 

3) Quali riforme legislative introdurre per accrescere gli ambiti del fai da te?

In molti di noi c'è un forte senso di ribellione rispetto alla complessità normativa e all'eccesso di burocrazia, che blocca l'iniziativa dei “non addetti ai lavori”. In molti ambiti: costruzione di case, denuncia dei redditi, produzione di alimenti, … Ridurre questa complessità ed eliminare molte leggi è la prima cosa che ci viene in mente. Nessuno di noi è per una deregolamentazione completa: sono emerse due esigenze ugualmente legittime e non facilmente conciliabili. L'esigenza di autonomia personale e quella di garantire la sicurezza. In un certo senso infatti l'aumento dei controlli e della burocrazia ha portato anche a ridurre i rischi presenti in molte attività (infortuni sul lavoro). Forse si potrebbero abbassare i livelli di controllo burocratico per quelle attività che hanno una ricaduta e degli effetti unicamente su di sé. In questo caso la legge potrebbe accettare l'assunzione di responsabilità dei singoli (possibile che non si possa più portare una torta fatta in casa ad un ‘festa’ pubblica?).

Un altro aspetto su cui c'è stato un certo accordo è che le leggi dovrebbero favorire la piccola distribuzione, e che il “locale” è potenzialmente più sicuro. Abbiamo notato che se i prodotti fossero tutti locali sarebbe più difficile per un produttore non attenersi a criteri di sicurezza, in quanto verrebbe più facilmente identificato come non affidabile e sarebbe più facile emarginarlo. Contrariamente a quel che accade invece con la grande distribuzione. Questa è una riflessione indirizzata a capire come migliorare la sicurezza dei prodotti promuovendo le attività locali. Ma promuovere il locale quanto coincide con la promozione del fai da te?

Ma il Fai da Te può essere promosso, oltre che a livello di prodotti (artigianali) anche a livello dei servizi. Ad esempio nell'ambito dell'assistenza agli anziani, della cura dei bambini, o dell'amministrazione di un condominio. Il modo per agevolare i servizi-fai da te dal punto di vista legislativo potrebbe essere quello di garantire sgravi fiscali a chi si assume l'incarico di assistere gli anziani anziché servirsi di badanti stipendiate. Oppure mettere a disposizione locali pubblici ad attività di Fai da Te come quelle dei GAS o di “asili” fai da te, in cui i genitori si organizzano in modo autonomo per la cura dei figli, o alle banche del tempo. Altra agevolazione al Fai da Te potrebbe essere promuovere il lavoro part-time, cosa che si sposa bene anche con il problema dell'attuale mancanza di lavoro. Lavorare meno lascia tempo libero per gestire in modo autonomo varie attività che abitualmente deleghiamo ad altri. Sia a livello di servizi, che di prodotti.

 

 

 

4) Da dove partire per stimolare gli scambi di vicinato?

Siamo concordi sul fatto che per promuovere gli scambi di vicinato occorrerebbe partire da piccole esperienze concrete, e da un cambio di mentalità, piuttosto che da misure legislative che lo favoriscano. Partire dalla conoscenza di chi ci vive accanto. Negli scambi di vicinato si possono mettere in comune più cose. Sia il proprio “saper fare” (competenze tecnico-pratiche di varia natura) sia semplicemente il tempo (andare a pagare bollette o in farmacia, fare la spesa, accompagnare a una visita medica…). Gli scambi di vicinato, intesi in questo modo, li vediamo legati alla promozione del fai da te, alla concezione dell'economia del “dono”, e alla creazione di relazioni interpersonali. Già solo la creazione di relazioni ci sembra un buon motivo per promuovere scambi di vicinato, ma probabilmente avere delle cose concrete da condividere o fare insieme è un aspetto necessario per costruire nuove relazioni, che altrimenti non nascerebbero. O nascerebbero con più fatica.

Le leggi non dovrebbero ostacolare gli scambi di vicinato. In questo senso potrebbero aiutare l'architettura e l'urbanistica. E le Istituzioni. Cioè nuovi modi di pensare gli edifici abitativi (più stanze in comune, sia per la socialità, sia per la gestione comune di attività –lavanderie, ecc-), e anche le città o i quartieri (più piazze, parchi, biblioteche multi funzionali, luoghi di aggregazione, laboratori aperti, teatri, orti sociali, ecc). Anche i laboratori di urbanistica partecipata (cioè il coinvolgimento dei cittadini nella progettazione degli spazi urbani in cui essi vivono) aiuta a promuovere socialità e senso di appartenenza alla comunità.